23 Aprile 2014

L'adunanza di Al Qaeda in Yemen e suoi derivati

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Droni americani hanno colpito in Yemen: l’obiettivo erano alcuni campi di addestramento di miliziani di Al Qaeda. Una quarantina le vittime. Capita, in Yemen, con certa periodicità, tanto che la Cnn ha parlato di un migliaio di morti in questi anni causa droni (la febbre ne fa di più, in fondo). Attacchi mirati, diretti a colpire obiettivi a lungo studiati. Anche se spesso la mira non è un granché e ci vanno di mezzo persone che con al Qaeda non hanno nulla a che fare. Ma questo pare sia un particolare irrisorio, tanto si tratta di beduini, mogli e figli degli stessi, nulla di cui preoccuparsi. Incursioni mirate, appunto, dirette a eliminare senza processo, senza contraddittorio e soprattutto senza alcuna prova, persone che gli Stati Uniti dicono essere terroristi, come vengono poi definiti dai media mondiali: “uccisi trenta terroristi”, “uccisi dieci terroristi”. Cambia la cifra, la classificazione è sempre certificata con tanto di bollino blu.

In realtà sfugge l’utilità di tale dispiego di energia da parte degli strateghi dell’Agenzia internazionale dell’Antiterrorismo, dal momento che in genere queste operazioni segrete, che poi tanto segrete non sono, si limitano a eliminare un po’ di manodopera di un network in pieno processo espansivo, in grado di sopperire  in breve, e agevolmente, alle perdite. Incidenti di lavoro che falcidiano un po’ di operai; che tra l’altro non comportano per Al Qaeda neanche un risarcimento danni alle famiglie, né processi penali per inadeguatezza dell’ambiente di lavoro. D’altronde i soldi non mancano di certo ad Al Qaeda, e trovare manovalanza disposta ad accettare un impiego nel network non è difficile: basta cercare tra la masse dei disperati che sovrabbondano nel mondo arabo, in particolare in Libia, Afghanistan, e Iraq, Paesi ridotti a rovine fumanti dopo le guerre neocon.

Già, Al Qaeda maneggia tanti soldi, che non servono solo a pagare la mercede agli operai del terrore, ma anche per allestire campi di addestramento in luoghi riparati (gli attacchi in Yemen sono stati portati proprio contro questi obiettivi), pagare gli istruttori, la logistica, le armi, l’approvvigionamento. Perché Al Qaeda è un piccolo esercito, seppur nella sua anomala follia, con i relativi costi, aumentati a dismisura per garantire un minimo di riservatezza, alla quale pare tengano molto (tra le spese vanno annoverate anche quelle per corrompere autorità compiacenti). Poi ci sono le spese extra, quelle per gli attentati, spettacolari o meno, che hanno un costo elevatissimo, sia per la logistica che per le materie prime. Soldi che provengono dai vari traffici nei quali si è specializzato il network: droga, armi, esseri umani. E che, ovviamente, devono essere riciclati presso istituti finanziari. E che attraverso altri, e tanti, istituti finanziari rifluiscono poi per la bisogna ai vari terminali dell’Agenzia; a meno di non immaginare beduini che corrono su e giù nel deserto con valige di cartone piene di milioni di dollari. Invano si cercherà nella cronaca, in più di dieci anni di inchieste ad opera degli esperti dell’antiterrorismo, di investigatori occhiuti pronti a snocciolare ai media i più intimi e riservati segreti dell’Agenzia del terrore, la notizia di una sola operazione che abbia scoperto una banca o un conto corrente, sia pure postale, utilizzato allo scopo, a fronte di decine di migliaia di operazioni spettacolari con droni fantascientifici. E dire che senza soldi anche Al Qaeda andrebbe in liquidazione: “no soldi no party”. Una constatazione banale che suscita qualche curiosità. Tale discrasia, d’altronde, ebbe a manifestarsi già al primo apparire pubblico della geometrica potenza di questa Agenzia del terrore, ovvero l’infausto 11 settembre 2001. Prima dell’attentato furono registrate notevoli anomalie in borsa: azioni che sarebbero crollate subito dopo il mega-attentato furono vendute, furono incassate somme notevoli da chi aveva scommesso sul collasso di alcune società quotate e via dicendo. Tanto che il presidente George W. Bush aveva annunciato un’inchiesta approfondita sulla cosa. Purtroppo dell’inchiesta non se ne è più saputo nulla, derubricata, forse, a caso di preveggenza collettiva (o d’élite che dir si voglia). Capita, c’era da organizzare una guerra in Afghanistan, non si poteva perdere tempo in sciocchezze.

Ma per tornare alla cronaca spicciola, e al raid dei droni Usa in Yemen, c’è da spiegare questa improvvisa attività dei giustizieri del Joystick, strumento con il quale si gioca a questo gioco mortale dal chiuso di una stanza segreta. Era successo che una settimana prima in Yemen si era tenuta una festa del terrore: un video messo su internet rilanciava le immagini di un’adunanza di Al Qaeda, stretta attorno a tal Nasir Wuhayshi, tizio considerato numero due di questa organizzazione segreta (ma che può tranquillamente essere rimpiazzato da altri alla sua morte, tanto i ruoli e i numeri sono interscambiabili in questa Agenzia). Come in tutte le feste di Al Qaeda, si minacciavano sfracelli contro gli infedeli, loro che non sanno neanche cosa sia l’Islam, e si discuteva amenamente di obbiettivi da colpire un po’ qua un po’ là. Cose ben note alla cronaca nera di questi anni. Una festa giocosa del terrore organizzata alla luce del sole, con centinaia di partecipanti, ricchi premi e cotillon. Il tutto in barba ai servizi segreti di mezzo mondo, in particolare alla Nsa che, come da rivelazioni recenti, spia telefoni mobili e immobili, social Network, internet, agende, televisori, lavastoviglie, tasche di ignari cittadini, zainetti dei bambini in tutto l’orbe terracqueo, a maggior sicurezza dei cittadini americani. Ora, qualcuno ha appunto messo in rete l’adunanza festosa di Al Qaeda in Yemen e alla Nsa ci devono essere rimasti male, perché gli avevano rubato l’esclusiva. Così, a una settimana di distanza, quando ormai gli organizzatori della festa erano tornati a casa ad accudire i gerani, hanno scatenato il finimondo contro alcuni beduini che non si erano accorti che nel frattempo mezzo mondo aveva visto le immagini della loro performance in mezzo al deserto.

La prontezza dell’operazione segna un’ulteriore vittoria della security Usa contro la minaccia del terrorismo internazionale con conseguente sospiro di sollievo dei cittadini Usa e del mondo.

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