30 Luglio 2014

Hamas, l'accordo con Fatah e le aperture a Israele

di Renato Piccolo
Hamas, l'accordo con Fatah e le aperture a Israele
Tempo di lettura: 3 minuti

Il leader di Hamas Ismail Haniyeh e il Presidente dell’Anp Abu Mazen

Si può negoziare con Hamas? – è la domanda di molti in Israele in questi giorni. C’è chi, come lo scrittore ebreo francese Marek Halter, ha risposto di sì, senza troppe esitazioni. «Io ho sempre parlato con tutti, compresi Yasser Arafat e Khaled Meshaal, nella speranza di riconciliare Israele e la Palestina», ha detto a Repubblica il 25 luglio. Halter non è il solo: anche in Israele, e persino in questi giorni di guerra, c’è chi invoca un negoziato tra il governo Netanyahu e il movimento islamista (tra gli altri l’ex capo del Mossad Efraim Halevy, che intervistato dalla Cnn ha spiegato: «Con Hamas si deve trattare. Meglio Hamas dell’Isis»).

Ai sostenitori del compromesso spesso viene opposta un’altra domanda: Hamas è disposta a trattare con Israele? La risposta, stavolta, è arrivata direttamente da Khaled Meshaal, il leader politico del movimento, in un’intervista del 28 luglio con Charlie Rose, storico conduttore della televisione pubblica americana (Pbs). È un’intervista in cui Meshaal rivendica la disponibilità del suo movimento alla trattativa, a partire da quella condotta dal segretario di Stato americano John Kerry.

«Abbiamo ricevuto la proposta di Kerry tramite il Qatar – spiega Meshaal al giornalista – e l’abbiamo accolta per mettere fine all’assedio di Gaza. È stato il governo israeliano a respingerla. Hanno respinto la bozza Kerry come hanno respinto i precedenti nove mesi di negoziati» condotti dal segretario di Stato Usa. Meshaal va oltre: si affida agli Stati Uniti per condurre in porto il negoziato con Israele. «Gli Stati Uniti hanno il potere per far accettare a Israele una soluzione che rispetti i confini del 1967. Le chiedo, signor Charlie, di usare il credito di cui gode in patria per portare questo messaggio».

È possibile che nelle parole di Meshaal ci sia una dose di opportunismo, nel voler sfruttare le divergenze tra l’amministrazione Obama e il governo Netanyahu. Ma rimane un dato: Hamas si dice pronta a fidarsi dell’America nella trattativa con Israele.

Charlie Rose vuole mettere alla prova la buona fede di Meshaal e lo incalza sulla domanda più insidiosa. Hamas è pronta a riconoscere il diritto all’esistenza dello Stato d’Israele? Il leader del movimento risponde che la priorità è «mettere fine all’occupazione», ottenendo il riconoscimento formale da parte israeliana dello Stato di Palestina. Rose non si accontenta, e insiste. Questo lo scambio di battute:

Rose: «Se avrete lo Stato di Palestina, rinuncerete al proposito di sradicare lo Stato di Israele?»
Meshaal: «Lei davvero crede che noi palestinesi, occupati e oppressi, potremmo sradicare lo Stato di Israele?»
Rose: «Perché invece di rispondere che non potete, non mi dice se volete sradicarlo o no?»
Meshaal: «Secondo lei cosa significa il nostro accordo con Fatah? Significa che vogliamo uno Stato palestinese nei confini del 1967, con Gerusalemme capitale e il ritorno dei profughi palestinesi. È Israele a non volere questa soluzione. Per questo ha ucciso Arafat. Non siamo noi a non volere questa soluzione».

Meshaal non si impegna a riconoscere lo Stato degli israeliani. Ma lascia intendere che l’obiettivo di Hamas non è eliminare Israele, ma realizzare lo Stato palestinese.

Più avanti, quando Rose gli chiede cosa pensi del cosiddetto Stato islamico che ha conquistato buona parte dell’Iraq, Meshaal si schiera nettamente contro l’ipotesi del “Califfato”: «Noi di Hamas crediamo nella moderazione dell’Islam, non siamo fanatici, non siamo fondamentalisti, non combattiamo gli ebrei perché sono ebrei, ma perché sono occupanti. Crediamo nella cooperazione tra le religioni e i popoli. Allah ci ha creato diversi perché conviviamo». Una conferma indiretta del giudizio dell’ex capo del Mossad, Halevy.

Charlie Rose torna alla domanda centrale: «Allora intende riconoscere Israele come Stato ebraico?». A domanda secca, Meshaal non può che rispondere «no»: «Non voglio vivere con uno Stato di occupanti». L’intervistatore prosegue: «Ipotizziamo che Israele non sia più uno Stato di occupanti: a quel punto sarete disposi a riconoscere il loro diritto all’esistenza, se loro riconosceranno il vostro diritto all’esistenza?». La risposta è da politico: «A quel punto sarà lo Stato di Palestina a decidere delle sue politiche. Non posso rispondere sul futuro, toccherà ai palestinesi decidere quando avranno il loro Stato».

Meshaal, abbandonando il rifiuto categorico, lascia aperta la questione. La strada verso un accordo di pace è ancora lunga. Ma c’è una base per la trattativa – e cioè, ancora, la soluzione “due popoli, due Stati”. Se e quando si tornerà a quel tavolo, Hamas pare intenzionata a sedere al fianco del partito di Abu Mazen, Fatah, come rappresentante di un governo di unità dello Stato palestinese.

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