4 Agosto 2014

Ucraina: la guerra occulta

di Fabrizio Fava
Ucraina: la guerra occulta
Tempo di lettura: 3 minuti

La ripresa, con escalation, del conflitto israelo-palestinese ha affievolito il cono di luce dei media sulle ostilità in atto nell’Est Ucraina, ma son bombe e vittime innocenti anche lì. Ormai da mesi è guerra aperta tra le truppe di Kiev e i separatisti filorussi nelle regioni orientali, che l’esercito ucraino sta cercando di strappare ai ribelli. Situazione complicata dall’abbattimento dell’aereo della Malaysian airlines che ha inasprito ancora di più il contrasto Est – Ovest, non solo in Ucraina.

Il 28 luglio la Cnn parla di almeno 13 persone uccise, tra cui due bambini, nei combattimenti nei pressi di Horlivka (o Gorlovka). Le autorità governative dicono di non usare artiglieria nel centro cittadino – ormai accerchiato – per evitare vittime civili, e accusano i separatisti di sparare razzi Grad sulle aree residenziali di Horlivka. I ribelli, dalla loro, rinfacciano alle truppe governative di schierare l’artiglieria contro le aree residenziali, mentre le autorità negano e incolpano gli insorti di utilizzare le case come postazioni di tiro (ricorda qualcosa?). La città, comunque, è prossima a cedere; nel corso di una conferenza stampa del 28 luglio Andriy Lysenko, portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza e di difesa ucraino, rende noto che l’offensiva volta alla riconquista di Horlivka sta per essere completata; nelle ultime ore le operazioni si sono intensificate e la roccaforte degli insorti starebbe per soccombere. Il tutto con il bilancio delle vittime che sale.

Shaktiorsk, Donetsk e Lugansk sono le altre zone rosse, e proprio a Lugansk il quotidiano ucraino Ukrainska Pravda (qui immagini di anziane signore ferite e mutilate) conta dalle 20 alle 30 vittime dall’inizio del conflitto (e decine di feriti); secondo il quotidiano l’esercito regolare, per colpire i separatisti, ha aperto il fuoco sulle abitazioni civili. E il 31 luglio il consiglio comunale della cittadina parla di cinque civili uccisi nei bombardamenti attribuiti alle forze di Kiev, mentre la Bbc registra tre morti nelle ultime 24 ore, oltre a riferire della situazione d’emergenza di circa 50.000 famiglie di Lugansk senza elettricità.
Fuoco aperto anche su Donetsk, stretta d’assedio: il vicesindaco Kostyantyn Savinov – come rende noto l’Ansa – parla di almeno 6 cittadini uccisi e 13 feriti, tra sabato 2 e domenica 3 agosto, nel rione di Petriviski.

Facciamo un passo indietro. Il 14 luglio è passata quasi sottotraccia la notizia della morte di un giornalista filorusso rapito il 18 giugno, nei pressi di Mariupol, dalle forze paramilitari ucraine.  Si chiamava Serghei Dolgov ed era – come riporta The Moscow Times – direttore dei giornali Khaciu’ v Sssr (“Voglio tornare all’Urss”) e Vestnik Priazovya (“Corriere della regione di Azov”). A dare la notizia è stato – via Vkontakte, il Facebook in cirillico – Kostantin Dolgov, leader del Fronte separatista popolare Novorossia: il corpo è stato trovato in un parco nei pressi di Dnipropetrovsk e, secondo quanto riportato dallo stesso K. Dolgov, avrebbe subito torture.

Il perché del sequestro, delle vessazioni e dell’uccisione? The Moscow Times dà voce a Oleksandr Kofman, attivista pro-Mosca in Ucraina orientale, che punta il dito contro l’amministrazione di Kiev: Serghei Dolgov è stato ucciso in rappresaglia per le sue opinioni politiche, non allineate con quelle governative. Il giornalista, in più, stava documentando le violazioni dei diritti umani delle forze ucraine nel corso del conflitto nell’est del Paese.

Episodio in sé esemplare di una guerra che non vuole essere raccontata. Forse perché disturberebbe la narrativa corrente in Occidente, che vede i filorussi nei panni dei cattivi, marionette manovrate dal cinico Putin che vuole privare l’Ucraina della libertà conquistata a piazza Maidan. La realtà è più complessa e certo diversa da questa narrativa.

In un documento Onu di fine luglio si stima che le vittime del conflitto siano oltre 1.100, molte delle quali civili. E ad oggi nessuna soluzione negoziale è all’orizzonte: Kiev, e con lei l’Occidente, si ostina sulla via della soluzione militare; ai separatisti, attesa che la loro richiesta di una qualche autonomia è preclusa, resta la strada della resa incondizionata o della resistenza a oltranza. Scenario cupo che non fa presagire nulla di buono.

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