19 Settembre 2014

Scozia, vince la paura

Scozia, vince la paura
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La campagna del terrore degli ultimi giorni ha dato il risultato sperato: al referendum sull’indipendenza della Scozia vince il no, ribaltando i sondaggi che due settimane fa davano i separatisti per vincenti. Lo aveva detto la City, lo avevano detto le banche, lo aveva ribadito il Fondo monetario internazionale, alla fine lo aveva adombrato a suo modo anche la Regina: se avessero vinto i “sì” la Gran Bretagna tutta, Scozia compresa, avrebbe conosciuto il collasso economico. Non solo: negli ultimi giorni si era anche parlato di un rischio sicurezza, paventando di fatto attentati sul suolo britannico. Una campagna del terrore che ha ribaltato in due settimane i sondaggi che davano vincente l’opzione separatista. Stando così le cose il risultato molto difficilmente poteva essere diverso da questo. Per certi versi si è trattato di una vittoria della grande finanza internazionale.

 

I separatisti prendono il 45% dei voti, meno anche degli ultimi sondaggi che li vedevano perdenti al 48%. Resta che questi numeri consegnano al movimento autonomista scozzese un peso che potrà giocarsi nel gioco politico futuro della Gran Bretagna, movimentandone ancora di più il quadro, già alle prese con il fenomeno nuovo dell’Ukip. Per un altro referendum, semmai ci sarà, c’è da aspettare almeno un secolo…

 

Piccola chiosa obbligata sull’analogia con la Crimea: il referendum sulla secessione scozzese è considerato legittimo dall’Occidente, mentre quello della Crimea illegittimo. Vero, in Crimea si è svolto dopo un’invasione russa, avvenuta senza sparare un colpo (è bene ricordarlo, perché indica che non ha trovato resistenza nella popolazione, anzi largo consenso). E però la presenza russa non era in grado di “controllare” il voto. D’altronde che non sia stato un voto manipolato lo hanno attestato gli osservatori internazionali presenti alla consultazione, né possibili manipolazioni sono mai state messe a tema da chi ne contesta la legittimità, i quali hanno implicitamente riconosciuto che la maggior parte – in realtà la quasi totalità – della popolazione della regione ha votato liberamente per l’indipendenza.

Quindi la illegittimità della consultazione deriverebbe dalla mancata autorizzazione da parte del governo centrale, cosa invece avvenuta in Scozia.

 

Un fondamento della legittimità che potrebbe andare in urto con l’idea che la democrazia si basa sulla sovranità popolare. Ma al di là della problematica giuridica, occorre segnalare la strana bizzarria del caso ucraino: il nuovo governo di Kiev, quello che avrebbe dovuto dar legittimità al referendum in questione, si è costituito tramite un colpo di Stato (o rivoluzione), non attraverso legittime elezioni (la sua legittimità è stata data, a posteriori, solo dal riconoscimento internazionale, peraltro non universale). Così un governo illegittimo, e come tale riconosciuto da parte della popolazione ucraina, non solo in Crimea, avrebbe dovuto essere la fonte di legittimità della consultazione popolare della Crimea. Bizzarria o interpretazione interessata del diritto. Problema che non riguarda solo Kiev.

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