11 Ottobre 2014

Un governo extra-parlamentare

Un governo extra-parlamentare
Tempo di lettura: 2 minuti

 

«Da molti punti di vista, quello di Renzi è un governo extra-parlamentare; forse il primo di una nuova era. Non solo perché il premier non siede in nessuna della due camere […] Ma per motivi più di merito. Si moltiplicano infatti i luoghi di decisione politica esterna che il Parlamento non può mettere in discussione: il Patto del Nazareno, un discorso nella Direzione del Pd, un incontro estivo con Draghi. La stessa ratifica parlamentare si fa al contempo obbligata (con la fiducia) e vaga (con la delega), trasferendo sempre più il potere legislativo all’esecutivo». A scrivere queste cose non è Beppe Grillo o uno dei suoi, ma Antonio Polito, nell’editoriale del Corriere della Sera del 10 ottobre.

 

Ci occupiamo raramente di politica italiana, anche perché purtroppo quel che avevamo scritto al tempo non fa che confermarsi sempre più e annoia ripetersi: il nuovo che avanza, simboleggiato dal governo del ragazzo, è qualcosa di pericoloso per la democrazia italiana anzi, in realtà, più che un pericolo, è tragica realtà.

Già la democrazia italiana è stata decurtata dalla cessione di parte della sovranità all’Europa; ora, abolizione del Senato a parte, a essere a rischio è la stessa sopravvivenza dell’istituto parlamentare, istituto sul quale poggia la sovranità popolare, ormai ridotto a labile simulacro.

 

Avanza una nuova idea della gestione del potere, extra-parlamentare appunto. Come previsto. Il fatto è che Renzi non rappresenta altro che quelle forze extra-parlamentari che hanno dato vita al ’68 italiano e che negli anni, dopo aver vinto la loro battaglia contro il Parlamento con la liquidazione della Dc e del Pci (e delle forze minori, ma questo è meno importante), ora gestiscono l’Italia. La presenza di Michael Ledeen (giunto appositamente dagli Stati Uniti) al matrimonio dell’uomo nell’ombra di Renzi, Marco Carrai, ne è rappresentazione icastica e insieme simbolica.

L’Italia, ormai (quasi) compiuta colonia anglosassone, è un Paese che parla inglese (Jobs act), come ebbe ad accennare Aldo Moro nel suo memoriale (e così torniamo a Michael Ledeen, molto attivo durante il sequestro dello statista della Dc). In quanto colonia, il Belpaese è ormai privo di una propria politica economica o meglio ha una politica economica di tipo coloniale, sottoposta a diktat altrui; ed è privo di una politica estera autonoma, dopo che per decenni ha svolto un ruolo centrale nel Mediterraneo e in Europa, e per questo nel mondo.

 

La speranza è l’ultima a morire e magari qualcosa può cambiare. Il problema è che Renzi ha con sé la Forza (non solo Forza Italia), anzi il lato oscuro della Forza, per usare un’immagine ripresa da una nota saga di fantascienza. Che ha usato con efficacia per superare tutti gli ostacoli che si sono frapposti ai suoi (pochi) obiettivi.

Così anche prospettive di speranza, che pur residue esistono, dovranno fare i conti con la Forza che sostiene l’attuale governo extra-parlamentare. Ad oggi tale Forza non ha avuto modo di dispiegare le sue oscure potenzialità. Ma se la marcia trionfale di Renzi dovesse incontrare ostacoli reali, non mancherebbe di farlo. D’altronde, oggi come allora…

Archivio Postille
6 Febbraio 2016
La crisi libica e la morte di Giulio
Archivio Postille
2 Febbraio 2016
Iowa: la vittoria di Cruz e della Clinton