21 Ottobre 2014

Poche prospettive di successo per la rivoluzione degli ombrelli

Poche prospettive di successo per la rivoluzione degli ombrelli
Tempo di lettura: 2 minuti

Prospettive di successo «esigue» per la rivoluzione degli ombrelli made in Hong Kong. Lo scrive Roberto Toscano sulla Stampa del 20 ottobre: innanzitutto «perché gli abitanti di Hong Kong sono molto divisi e anzi, secondo alcuni sondaggi di opinione, si registrerebbe una prevalenza di chi è contrario alla protesta. I gruppi favorevoli al governo centrale sono numerosi (uno dei principali si chiama “Maggioranza silenziosa per Hong Kong“), e sono scesi in piazza in contromanifestazioni imponenti che in alcuni casi sono degenerate in scontri con i giovani della protesta democratica. Non basta dire, anche se in parte è senz’altro vero, che questi gruppi sono promossi e manovrati da Pechino».

 

Per Toscano il punto della questione, infatti, è tutt’altro, ovvero che mentre la rivoluzione degli ombrelli è un «movimento di classe media, e di classe media istruita. A Hong Kong sia i potenti vertici del mondo economico che gli strati meno abbienti e meno colti della popolazione vedono invece con preoccupazione e ostilità una protesta che minaccia la stabilità e la prosperità – stabilità e prosperità che, assieme al nazionalismo, sono la base del consenso che il regime di Pechino continua ad essere in grado di raccogliere».

Stando così le cose, e date le forze sociali in campo, Toscano prevede che gli ombrelli di Hong Kong «finiranno comunque per chiudersi».

(Titolo dell’articolo: I fragili ombrelli di Hong Kong).

 

Nota a margine. Come tutti i moti di piazza è difficile fare previsioni, anche se quella di Toscano appare realistica. Se così fosse non è detto comunque che tutto finisca in un nulla di fatto. È possibile che le forze di opposizione si trasformino in un movimento carsico pronto a riesplodere (è successo in Ucraina), come è possibile che questo confronto inneschi meccanismi virtuosi di apertura e dialogo sociali e politici. Prospettiva quest’ultima di difficile da realizzazione, perché il movimento si è posto in antagonismo netto con l’autorità (accarezzando l’idea di una rivoluzione colorata), innescando un rigido meccanismo di autodifesa. Eppure sarebbe la più feconda.