14 Novembre 2014

Quando i Califfi minacciano Roma

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«E bomba o non bomba, noi arriveremo a Roma, malgrado voi», cantava Antonello Venditti. Oggi quella canzone, una delle più amate da una generazione di italiani, riecheggia in maniera diversa, e funesta, in bocca allo strano Califfo dell’Is, tale Al Baghdadi.

Un messaggio audio consegnato all’etere, una smentita alle voci che lo davano per morto sotto le bombe Usa (anche se il fatto che non abbia usato i soliti video lascia supporre che sia rimasto ferito). Nel messaggio l’ennesima minaccia all’Occidente e a Roma, città che a quanto pare inizia a essere un’ossessione per il sedicente Califfo.

 

Messaggi pregressi erano diventati un tormentone del web: al Califfo che minacciava di rubare le donne romane c’era chi aveva risposto di attendere con ansia il sequestro della suocera. E così via.

Possibile che a questa rinnovata minaccia si riservi analoga ironia, magari giocata sul sindaco monstre Ignazio Marino, il quale purtroppo non è una minaccia ma una tragica realtà per i cittadini dell’urbe.

 

Ma ironia a parte, resta l’ossessione califfale per Roma. Certo, la città eterna ha un suo fascino, tanto da essere meta privilegiata del turismo, ma dubitiamo che il barbuto al Bagdhadi voglia avvalersi di visite guidate. La sua sfida alla cristianità, di cui Roma è cuore, purtroppo è durissima realtà quotidiana per i cristiani che vivono sotto la gentile tutela del Califfo in camicia nera. Ma l’ossessione romana di al Baghdadi resta un’anomalia rispetto al passato: la  città non compariva nell’agenda del terrore di al Qaeda, né è mai stata nominata nei video attribuiti a Osama Bin Laden. Così che la sfida attuale appare di enigmatica, se non esoterica, intelligibilità.

 

Una chiave di lettura non esoterica del messaggio di certo è legata a quanto sta facendo e dicendo la Chiesa in questa tragica temperie. In un momento di conflitto che vede l’islam e il mondo arabo dilacerato (con ricadute in Occidente), la Chiesa sta svolgendo un ruolo di attutimento delle tensioni, tentando in tutti i modi di mostrare al mondo occidentale che non è l’islam il nemico, ma questa strana consorteria jihadista che è altro dall’islamismo tradizionale. Un esercito di mercenari tagliagole reclutato in tutto il mondo grazie a ingenti finanziamenti che sfuggono ai controlli dei sofisticati apparati di informazione occidentali (tante domande in proposito…) e che viene gettato sul campo di battaglia saturo di armi, soldi e droga.

 

Così che è possibile far discendere la rabbia del Califfo contro la Chiesa proprio da questa opera di informazione e formazione quotidiana, svolta al più alto livello da papa Francesco, ma portata avanti, in maniera più o meno capillare, con eccezioni che confermano la regola, dall’intero corpo ecclesiale. In particolare da quel piccolo gregge che da sempre abita i Paesi arabi e sta dando spettacolo di carità al mondo e alla Chiesa, rinsaldando antichi legami o intessendo nuovi rapporti con quei popoli islamici con i quali da secoli, nelle alterne vicissitudini storiche, convivono.

 

Il Califfo, o chi per lui, anela allo scontro di civiltà, quello scontro previsto, profezia che aveva in sé il germe della sua realizzazione, da Samuel Huntington. Questo conflitto prevede due schieramenti, da una parte gli islamici, dall’altra i cristiani. Chi costruisce ponti, chi abita nel dialogo tra diversi è un nemico. Capita che possa diventarlo, magari in maniera non manifesta, anche per quanti usano di questo scontro e lo alimentano per scopi inconfessabili e inconfessati: si veda ad esempio il caso, o caos, siriano, dove lo jihadismo è esploso in tutta la sua virulenza sotto lo sguardo compiaciuto, e connivente, di quanti, nel mondo arabo e in Occidente, anelano alla defenestrazione di Assad.

Non sappiamo se e quando il Califfo, o chi per lui, arriverà a Roma. Sappiamo però che la strada indicata dalla Chiesa, e da tante persone di buona volontà che abitano questo povero mondo, è l’unica via per superare questo scontro che si autoalimenta con il crescere delle tensioni e dei conflitti. Il Califfo lo sa meglio di altri. Per questo ha messo in agenda la trasferta romana.

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