27 Gennaio 2015

I signori della guerra del conflitto ucraino

I signori della guerra del conflitto ucraino
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Ormai in Ucraina i negoziati di pace sembra siano stati affossati sotto i colpi di cannone. Difficile vedere spiragli in questa tenebra.

Servirebbe un dialogo tra Occidente e Russia, ma è lungi dall’orizzonte. Simbolico in questo senso il mancato invito di Putin alla cerimonia ufficiale in ricordo della liberazione di Auschwitz, nonostante sia stata proprio l’Armata rossa ad aprire le porte del campo di sterminio nazista.

Così stando le cose, la guerra tra il regime di Kiev e i separatisti del Donbass procede senza soluzioni di continuità.

In altra parte abbiano accennato la genesi e lo scopo di questo conflitto. In questa sede non interessa analizzare i torti e le ragioni, sebbene importanti.

 

Analizziamo invece una breve intervista che Nicola Lombardozzi ha pubblicato sulla Repubblica del 25 gennaio nell’ambito di un reportage dall’Ucraina (Massacro Marjupol pioggia di razzi 30 morti al mercato. In Ucraina è guerra), molto istruttiva.

 

Lombardozzi intervista Dmytro, capo del Battaglione Aidar, manipolo di armati di Kiev, considerato moderato rispetto ad altri, quelli composti da gente che lo stesso Dmytro definisce «tanti nazisti fanatici».

«Sento dire che si cerca un accordo, una intesa con un personaggio come Putin. Noi volontari non lo permetteremo», spiega Dmytro; una dichiarazione che spiega già tutto.

 

Prosegue il reportage: «Dmytro è consapevole che sono proprio loro l’anima della guerra. Che si sono presi il compito di spingere i politici verso le decisioni più estreme: “Quante volte ci dicevano di fermarci o di arrestare e invece andavamo avanti lo stesso. I civili rischiavano? Non mi fa piacere ma la vittoria, l’integrità del nostro Paese vale più di ogni cosa. L’obiettivo è fare crollare il regime di Putin e siamo pronti pure a entrare in territorio russo per riuscirci”».

 

E ancora: «Quello che dice il Re del Cioccolato non ci interessa. Il presidente Poroschenko non può fare passi indietro. Questi politici sono stati messi lì da noi con il sangue della Majdan [il riferimento è alla piazza simbolo della rivoluzione ucraina ndr.]. Se cambiassero idea o avessero paura, si ricordino che Kiev è piena di lampioni a cui impiccarli».

 

Da queste parole si capisce che la guerra è portata avanti a dispetto delle iniziative negoziali poste in essere da Poroshenko in accordo con la comunità internazionale. Tanti accordi negoziali sono saltati proprio a causa di iniziative militari condotte in contrasto con accordi raggiunti con la controparte. Ci sarebbe lavoro per il Tribunale internazionale dell’Aja che giudica i crimini contro l’umanità; anche perché a queste dichiarazioni (agghiacciante il riferimento ai “rischi” per i civili) si aggiunge quel che spiega in altra parte, ovvero che a volte i suoi devono «sparare senza guardare», ovvero senza tentare di evitare di colpire i civili (davvero tanti, troppi, uccisi in questo conflitto).

 

Interessante anche l’obiettivo dichiarato da Dmytro di questa guerra: non solo una guerra per la liberazione di alcune regioni ucraine, che tra l’altro non vogliono essere “liberate” (come dimostrano i risultati del referendum svolto al tempo dalle autorità dell’autoproclamata repubblica del Donbass), ma far crollare il regime di Putin a costo di invadere la Russia. Oltre che un po’ di presunzione, in queste parole c’è una certa follia, dal momento che, se la guerra tracimasse in Russia, Mosca sarebbe costretta a difendersi usando la forza militare finora trattenuta, scintilla che potrebbe far scatenare una guerra mondiale.

 

Nell’intervista, Dmytro accenna anche al fatto che i volontari che combattono per Kiev non sono solo ucraini, ma vengono anche dai Paesi baltici e dalla Polonia (ma video russi diffusi nel web mostrano anche la presenza soldati di altri Stati occidentali). Né è un mistero il sostegno finanziario e militare Nato a Kiev. Questa ammissione svela anche l’ipocrisia di quanti accusano Mosca di inviare volontari in Ucraina (cosa veritiera) ben sapendo che la stessa cosa avviene sull’altro fronte.

 

A parlare a Lombardozzi è un combattente ucraino moderato, chissà quel che pensano quelli che moderati non sono… Ma al di là, come dimostra l’intervista, il regime di Kiev non controlla le milizie che stanno operando al suo servizio. Anzi, sono queste a influenzare le scelte del governo (il riferimento al possibile colpo di Stato contro Poroshenko è significativo). Così questo conflitto, sostenuto dall’Occidente in tanti modi, comprese le sanzioni contro Mosca, è sospeso alle iniziative di simili inquietanti figure, per le quali l’eventuale allargamento del conflitto non solo non è un problema, ma è obiettivo dichiarato.

 

È difficile ricercare vie di pace se bande guidate da signori della guerra locali continueranno a combattere la loro guerra privata. Il problema è che agli apprendisti stregoni che stanno alimentando questo conflitto giovano personaggi come Dmytro e i «tanti fanatici nazisti» che l’accompagnano.

 

Nota a margine. Oggi il Parlamento di Kiev ha dichiarato la Russia «Stato aggressore» e i militari della Repubblica del Donbass «organizzazioni terroristiche». Decisione presa dopo la strage di Mariupol, dove alcuni missili hanno fatto l’ennesima strage in un mercato (ovviamente Kiev ha accusato e i ribelli e i ribelli la controparte, come altre volte in questo conflitto abitato dalla più cupa disinformazione). Passo ulteriore verso una escalation sempre meno controllabile.

 

 

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