13 Febbraio 2015

Notes, 13 febbraio 2015

Notes, 13 febbraio 2015
Tempo di lettura: 3 minuti

Cristiano. Cristiano ha una malattia terribile: un neuroblastoma, un tumore che aggredisce e fa scempio di fanciulli. E Cristiano ha solo due anni quando il male lo aggredisce cattivo. Guarisce dopo mille tribolazioni e tante sedute di chemio, Ma il sollievo è di breve durata, ché dura, durissima, arriva la recidiva. E tutto appare perduto: una piccola vita arrotolata in fretta, un’avventura finita, ché in questi casi non si danno neanche le percentuali di guarigione, i medici fanno il possibile sperando l’insperabile. A raccontarci la sua storia è la madre, Silvia, che abbiamo conosciuto per caso. Una storia terribile e bella, che ha a che vedere con papa Francesco, incontrato nel mezzo di un pezzo di vita che odora di medicine e preghiere.

 

Una storia incontrata per caso, ché Silvia, la madre, lavora come educatrice in un asilo nido che guida un amico. Ed è lei a raccontare di un cupo dolore e di una speranza inattesa. Nel buio della recidiva, mentre i dottori si affannano al capezzale dal piccolo, consultano esami che non lasciano nulla sperare, tentano strade che sembrano inani, una mossa improvvisa. Amici suggeriscono ai genitori di Cristiano, i coniugi Maletta, di inviare una lettera al Papa. Lo fanno. Il giorno dopo la telefonata della segreteria pontificia: Francesco ha letto la loro lettera a li invita alla messa, quella che ogni mattina celebra alla Casa Santa Marta.

 

Silvia è emozionata quando arriva di prima mattina. Quindi inizia la messa, poche persone, Cristiano è l’unico bambino presente. Poi c’è l’attesa: il segretario ha detto ai genitori e a Cristiano di aspettare, che il Papa li avrebbe ricevuti a breve, nella stanza dove saluta coloro che hanno partecipato alla liturgia eucaristica. Nell’attesa una preghiera in ginocchio. L’ennesima, ché don Paolo, il loro parroco, scherzando gli ha detto che con tutte le loro preghiere hanno rintronato tutti i santi del cielo.

A un certo punto Silvia si accorge che il posto vicino a loro è occupato. Seduto c’è un uomo vestito di bianco, sta recitando il rosario. Dà di gomito al marito, allerta Cristiano: «C’è il Papa». Francesco sorride: «È un’anima privilegiata», dice carezzando il bambino, Poi dona loro il suo rosario. Che lo tenessero caro, li avrebbe protetti. E va via. «Da allora lo tengo sempre con me», confida Silvia.

 

Li riceve nella sala che sono più emozionati di prima. Lei, Silvia, balbetta un «vorrei dire tante cose ma non trovo parole…». Non servono, risponde Francesco, bastano gli occhi a raccontare un dolore indicibile. «Ma il Signore è con voi», chiosa. Una frase semplice, banale che rimanda al Vangelo e alla promessa di Gesù  – dove sono due o tre riuniti nel mio nome…. Come semplice e banale è questo incontro papale.

 

E però, da allora, tutto sembra cambiare. «Sia io che mio marito, come anche Cristiano, che pure bambino sapeva della gravità della malattia, abbiamo avuto nel cuore una tranquillità nuova… non so spiegare bene, ma è come se tutti noi fossimo sicuri che tutto sarebbe andato bene». Lo dice senza enfasi – non è una visionaria Silvia -, come una normale constatazione.

 

Insomma, un punto di svolta, continua Silvia. E un punto di svolta sembra sia stato davvero: continuano gli esami, e la chemio e tutte le cose che fanno i dottori, ma è come se tutto fosse diverso. Non un atroce calvario, ma una sorta di rincorsa felice verso l’uscita da un tunnel. Il tumore alla ghiandola surrenale viene rimosso, le metastasi attaccate dalla terapia, il trapianto di staminali effettuato con successo.

È il 17 dicembre scorso quando Cristiano, l’eroe di questa piccola storia, si sottopone alla scintigrafia per controllare se ci sono ancora metastasi in giro. Ma non c’è niente, è tutto pulito. Il dottor De Vincenzi, che esegue l’esame, prende per mano i genitori, Silvia e Marco, che sono di presso. Appare un poco commosso anche lui: «Sono vent’anni che faccio questo lavoro e non ho mai visto niente del genere», confida.

 

E questa è la storia che ci è stata raccontata in un asilo infantile, quello nel quale lavora Silvia, che pure, schiva, ha un po’ esitato prima di accettare un incontro. Un asilo che si è stretto attorno a lei e al bambino, con aiuti e preghiere.

Una storia che abbiamo raccolto tra i tavolini e le sedie in versione mignon, qualche schiamazzo infantile e pareti colorate da disegni bambini. Una storia semplice, lieta, di una preghiera esaudita. Un’avventura felice che si è dipanata tra una scuola fanciulla, le mura di un ospedale e il Vaticano. Che offriamo ai nostri lettori così come ci è stata narrata da una ragazza ancora incredula di quanto accaduto, come testimoniano quegli occhi ora accesi di gioia indicibile.

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