17 Aprile 2015

Kiev: la mattanza degli oppositori politici

Kiev: la mattanza degli oppositori politici
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«Cosa sta succedendo nella Nuova Ucraina nata dalla rivolta popolare dell’anno scorso? Ieri un commando di professionisti dell’omicidio ha ucciso a revolverate lo scrittore e saggista Oles Buzina, caporedattore di un giornale già chiuso dal governo per le sue posizioni filorusse e a favore dei ribelli del Donbass. La notizia ha avuto una certa risonanza internazionale grazie a Vladimir Putin che l’ha annunciata davanti a una platea di giornalisti durante la sua tradizionale maratona tv di primavera.

 

Ma, nel silenzio imbarazzante dei grandi media internazionali, a Kiev succede di peggio. Poche ore prima, mercoledì pomeriggio, un paio di killer avevano assassinato un collega di Buzina, Sergej Sukhobok, titolare di un sito Internet di opposizione al governo. E sempre mercoledì, al mattino presto, era stato ucciso Oleg Kalashnikov, ex deputato del filorusso Partito delle Regioni e leader dei movimenti anti-Majdan […] Tre delitti politici in meno di 24 ore». Inizia così un articolo di Nicola Lombardozzi sulla Repubblica del 17 aprile, nel quale si accenna che questi ultimi omicidi si sommano ad almeno altri quindici casi di «suicidi misteriosi, delitti inspiegabili, sparizioni» avvenuti dalla metà febbraio in poi ai danni di «oppositori all’attuale governo». Tanto che il cronista parla di «mattanza».

 

Nota a margine. Quanta differenza di copertura mediatica tra gli omicidi dei giornalisti ucraini e quello della Politkovskaja (la giornalista assassinata in Russia)… Una discrasia che sembra appartenere ad altri tempi: tempi di guerra, tempi in cui il giornalismo si fa propaganda. Tra l’altro, la mancanza di risonanza internazionale (probabilmente nessuno, o quasi, ne avrebbe parlato senza l’intervento di Putin) favorisce l’impunità di quanti a Kiev immaginano di risolvere le diatribe politiche con le pistole.
Questi omicidi eccellenti denotano che la crisi Ucraina non è affatto finita. Tra l’altro alimentano  le paure dei ribelli del Donbass, che non possono non domandarsi cosa accadrebbe loro se finissero sotto la giurisdizione di Kiev. Si rischia un conflitto irriducibile nel cuore dell’Europa…
Sia permessa un’ultima annotazione: sarebbe facile all’Occidente, dal quale dipende interamente l’economia di Kiev, far pressioni per favorire una distensione nel segno della democrazia. Ma evidentemente la democrazia è merce di esportazione buona per i Paesi arabi (con guerre conseguenti), non per questo angolo di mondo.