25 Maggio 2015

Frena l'allargamento a Est dell'Europa

Frena l'allargamento a Est dell'Europa
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Colpisce la differenza di approccio degli Istituti di credito internazionali, e dei leader politici internazionali,  alla situazione debitoria della Grecia rispetto a quella dell’Ucraina. Mentre la prima deve combattere con le unghie e con i denti per la sua sopravvivenza, all’Ucraina, nonostante la gestione dell’economia da parte dei rivoluzionari di piazza Maidan sia stata a dir poco disastrosa, è stato permesso di ristrutturare il debito (cosa negata ad Atene).

 

Una scelta giustificata da ragioni economiche, ma che è meramente politica: l’Ucraina di Petro Poroshenko, meglio di Arseniy Yatsenyuk (primo ministro ucraino che gode la piena di fiducia dei neocon Usa), rappresenta un bastione contro la Russia. La Grecia, all’opposto, con Putin ha un qualche (non molto accettato) feeling, forse da qui anche certe difficoltà di dialogo con la Troika dei creditori.

 

Ma la nuova Ucraina non rappresenta solo un presidio anti-russo. La rivoluzione di piazza Maidan, se ha segnato un punto di svolta nei rapporti tra Occidente e Russia, ha avuto anche un significato non secondario per la stessa Unione europea. La rivoluzione nasceva, almeno questi erano gli slogan ufficiali, da un rifiuto dell’abbraccio russo per cercare un nuovo rapporto con la Ue.

 

Da questo punto di vista piazza Maidan aveva assurto un significato simbolico per tutta l’Europa orientale, imprimendo una forte accelerazione al processo di integrazione di tali Paesi nell’Unione europea. Un’accelerazione resa ancora più forte dal nefasto confronto tra l’Occidente e Putin, dove la Ue era chiamata a difendere, mediante appunto integrazione, gli ex satelliti sovietici dal potente vicino. E invece la scorsa settimana si è assistito a una brusca frenata.

 

A dar fiato alle polveri la Merkel, che al Parlamento tedesco ha detto chiaramente che il partenariato dei Paesi dell’Est con la Ue va ripensato. A seguire l’esito del vertice di Riga, che avrebbe dovuto rilanciare tale integrazione e invece è stato un mezzo fallimento. Infine le elezioni presidenziali in Polonia, che la vittoria di Andrzej Duda consegna all’euroscetticismo. Una vittoria anche simbolica, dal momento che a presiedere attualmente il Consiglio europeo è un polacco, Donald Tusk, il quale sponsorizzava il suo avversario.

 

Avvenimenti che vanno letti tenendo presente la recente visita di John Kerry in Russia. Il Capo del Dipartimento di Stato Usa ha voluto incontrare Putin nella sua residenza di Sochi, dopo mesi di gelo diplomatico. Tale visita e l’attenuazione della spinta per l’allargamento a Est dell’Unione europea – che Mosca vede come una minaccia – va nella direzione di un attutimento del confronto Occidente – Russia (anche se resta da vedere come si rapporterà la nuova Polonia con Mosca).

 

Ovviamente si tratta di una decelerazione abitata dalla precarietà insita in un mondo che vive un periodo di stabile instabilità, ma va registrata.

Per l’Europa non si tratta di abdicare a un processo di integrazione cui aspirano tanti popoli dell’Est. Si tratta di ricondurre tale processo al suo significato originale. L’unione europea nasce dopo la seconda guerra mondiale principalmente per unire i popoli del Vecchio continente sotto un solo destino e creare la pace laddove per secoli aveva regnato la guerra.

 

Una comunità nata per la pace dunque, questo anche il senso del nobel per la pace a essa assegnata nel 2012. Fare di tale Unione un blocco anti-russo, come da sogni di quanti lavorano per contrastare l’influenza globale di Mosca, sarebbe snaturarne il fondamento. Gorbaciov amava parlare di un’Europa unita dall’Atlantico agli Urali. Una immagine felice, che non relega la Russia in Asia, come sta accadendo a seguito di questa rinnovata Guerra Fredda, e fa del Vecchio continente un ponte naturale tra Mosca e Washington.

 

Un’immagine che va tenuta presente quando si considera l’allargamento dell’Europa a Est, processo che non può essere portato a termine contro la Russia (tra l’altro la Ue non ne avrebbe la forza, cosa che sfugge a tanti). E questo proprio perché tale integrazione non ha come orizzonte solo Varsavia o Vilnius, ma la stessa Mosca. Siamo nel campo della fantasia? Forse, ma questa fantasia è meno pericolosa di quella alternativa. Tentare di allargare la Ue a ogni costo in funzione anti-russa non può che portare disastri. All’Europa e al mondo.

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