Accordo negli Usa contro il crac
Tempo di lettura: < 1 minuteAccordo in extremis sul bilancio Usa: dopo giorni di frenetiche trattative repubblicani e democratici trovano un’intesa ed evitano il default, ovvero l’insolvenza dello Stato. Era l’ultimo giorno utile. Obama vince il braccio di ferro, dal momento che i repubblicani hanno dovuto cedere sulla riforma sanitaria, accontentandosi di qualche modifica secondaria. Il Grand Old Party ne esce con le ossa rotte, dal momento che l’opinione pubblica americana gli imputa la responsabilità dei danni economici che ha portato questa insensata prova di forza. Cosa che potrebbe essere fatale nelle elezioni di midterm del prossimo anno, quelle che servono a rinnovare il Congresso, ma manca tempo e tante cose possono succedere. Ma la vera sconfitta del partito che fu di Ronald Reagan sta anche nell’aver consegnato ai propri elettori l’immagine di un partito diviso, lacerato dallo scontro tra gli oltranzisti del Tea Party e l’ala moderata. Una frattura che dilanierà il partito per i prossimi anni, dal momento che si tratta di due anime incompatibili che per caso appartengono allo stesso campo politico.
L’intesa raggiunta prevede un innalzamento del tetto del debito pubblico fino al 7 febbraio prossimo: tempo sufficiente, secondo gli auspici, a trovare un accordo di più ampio respiro sul bilancio Usa. Il rischio che a febbraio si ripeta lo scontro c’è, ma si naviga a vista e ad oggi va bene così. I mercati tornano a respirare, l’economia mondiale evita una disastrosa caduta.
«Questo è un momento di riconciliazione nazionale», ha commentato Harry Reid, leader dei democratici al Senato. E in fondo il problema politico dell’America, come dell’Italia – e non solo – è tutto qui: se la politica deve essere consegnata a uno scontro perpetuo tra opposti o all’arte della mediazione e del compromesso.