15 Settembre 2013

Raffaello, La Madonna Sistina

Raffaello, La Madonna Sistina
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Gioconda a parte, non esiste quadro al mondo che abbia tanto interessato scrittori e filosofi quanto la Madonna Sistina di Raffaello. Oggi la tela è conservata alla Gemaldegalerie di Dresda, uno dei più bei musei del mondo, ma era stata dipinta per i Benedettini della Chiesa di San Sisto a Piacenza, per volontà di Giulio II: un omaggio a papa Sisto IV, che come lui era della famiglia Della Rovere. Nella pala infatti compaiono anche san Sisto (che è però papa Sisto II, morto nelle persecuzioni sotto Diocleziano) e santa Barbara.

Alla metà del ‘700, i monaci sotto pressione per i debiti accumulati, cedettero alle lusinghe di Augusto III grande elettore di Sassonia, che stava mettendo insieme una ricchissima raccolta di arte rinascimentale. Per avere la Madonna di Raffaello, opera già famosa al tempo per l’importanza che gli aveva assegnato Giorgio Vasari nella sua vita, il sovrano tedesco mise sul piatto una cifra immensa di 25mila scudi romani. I monaci cedettero teorizzando che quel quadro rappresentava  “un capitale infruttifero che andava di giorno in giorno perdendo” valore.

È quasi da romanzo la cronaca del viaggio attraverso le Alpi nel freddo inverno del 1754, con il finale svenimento di Augusto all’apertura della cassa a Dresda: la si può leggere nel bel libro di Eugenio Gazzola dedicato alla storia di questo quadro, appena pubblicato (Quodlibet editore). Arrivando nel Nord Europa, per quel celebre quadro iniziò un’altra storia, assolutamente imprevedibile. Calamitò infatti l’attenzione di quasi tutti i grandi filosofi e poeti sia tedeschi che, poi, anche russi. Arrivarono qui in “pellegrinaggio” Goethe (l’immagine finale del Faust fa riferimento alla Madonna di Raffaello), Hegel, Novalis, Dostoevsky, Puskin, Schopenauer, Bulgakov, Grossman: solo per citare alcuni dei nomi più famosi. Ma cosa aveva di speciale questa tela da attirare un’attenzione così unanime e anche così profonda? È una domanda alla quale è difficile trovare una risposta, anche perché ognuno di quei grandi nomi si è avvicinato al quadro, dandone un’interpretazione personale e sempre molto soggettiva, a volte con veri e propri scivoloni mistici. Pavel Florenski, il grande monaco e pensatore russo, spiegò, non senza buoni motivi,  che la Madonna Sistina parlava agli occhi dei russi perché aveva la stessa dinamica dell’icona: era non una rappresentazione, ma una visione ed era costruita a “prospettiva rovesciata”. Cioè non aveva dietro di sé uno spazio scenografico, ma veniva in avanti verso chi guardava.  

Ma forse la spiegazione più acuta e persuasiva la diede Martin Heidegger. Il quale non disse la sua sulla Madonna Sistina ma cercò di capire perché quel quadro avesse finito con il suggestionare profondamente tante grandi menti. E per Heidegger la spiegazione sta nel fatto che portata in un Museo, slegata dal suo “luogo” d’origine e dal rapporto con l’altare che le stava sotto, è come se quell’immagine meravigliosa fosse rimasta irretita da una perdita di senso. Come se il suo messaggio si fosse ingarbugliato o fosse diventato ultimamente interpretabile a piacimento. Non a caso, il grande e realista Roberto Longhi, anche per troncare questa serie di riflessioni un po’ visionarie, disse che la Madonna Sistina in fondo non era un quadro importante…

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