Soros, la Brexit e le sorti progressive dell'Unione
Tempo di lettura: 3 minuti«Per completare la Brexit ci vorrebbero comunque almeno cinque anni, durante i quali verrebbero indette nuove elezioni. E se tutto andasse per il verso giusto, le due parti [la Ue e la Gran Bretagna ndr.] potrebbero pensare di risposarsi prima ancora di aver divorziato
». Questa la conclusione di un intervento di George Soros pubblicato sul Corriere della Sera del 3 luglio.
Nell’intervento, lo speculatore, o benefattore, come viene definito troppo spesso dai media mainstream, ungherese spiega che le famiglie britanniche, a causa del Leave, si stanno indebitando in maniera massiccia e presto dovranno pagare pegno.
Una criticità che andrà a sommarsi all’aumento dei tassi di interesse, necessitato da un errore di valutazione della Bank of England circa le conseguenze del Leave.
Non solo le criticità economico-finanziarie, anche quelle politiche costringeranno la premier Theresa May a virare verso una Brexit più morbida. Talmente morbida ed estenuata che alla fine non avrà luogo. La gente, convinta dai “disagi”, «cambierà idea» e tornerà alla casa comune europea.
Al di là del tema dell’articolo, appare più che significativo che a vestire i panni di strenuo paladino anti-Brexit sia il benefattore ungherese.
Lui che nel 1992 disintegrò la sterlina, costringendo l’Inghilterra a uscire dallo Sme, il sistema monetario europeo (ci guadagnò qualche miliardo di dollari, tolti al risparmio inglese).
Non solo. Nello stesso anno il bizzarro benefattore & difensore dell’Unione europea costrinse anche l’Italia a uscire dallo Sme, incassando dividendi notevoli (stavolta in danno del risparmio italiano) e rischiando di mandare all’aria la costruzione della Casa comune europea allora in embrione, dal momento che essa aveva nell’Italia un elemento più che necessario alla riuscita.
Bizzarrie dei benefattori. Che evidentemente cambiano idea anche loro come auspicano oggi per i cittadini della Gran Bretagna. Con la differenza che tali benefattori, a differenza dei cittadini britannici che devono lavorare per vivere, guadagnano, o lucrano che dir si voglia, sulle disgrazie altrui.
Non solo le speculazioni finanziarie, di recente il benefattore ungherese è anche uno dei più attivi finanziatori delle ong che portano i migranti in Italia, rendendo il già massiccio flusso migratorio un’ondata di piena, con tutte le conseguenze del caso.
Possibile che il destino della Gran Bretagna sia quello delineato da Soros, anche perché a tale destino concorre l’incertezza nella quale è piombata da alcuni mesi, martellata da attentati continui e da incidenti senza precedenti (vedi incendio alla Grenfell Tower).
Su tale destino manifesto però pesano alcune variabili, dal decrescente peso dei “blariani” nel Labour party (Blair, infatti, è stato strenuo assertore del Remain), alla fine della parabola politica degli indipendentisti scozzesi (la Brexit non avrebbe resistito a un distacco della Scozia da Londra), ma soprattutto dalla variabile Elisabetta.
Tacita assertrice della Brexit, la regina ha visto e vinto la seconda guerra mondiale. Può sostenere e aiutare il suo popolo a sostenere il peso delle avversità insite in questo avverso cammino.
Come si è visto quando ha (tacitamente) sostenuto la May nell’ardua impresa di formare un governo con gli unionisti irlandesi e, nello stesso giro di tempo, di dare avvio ai negoziati sulla Brexit, mentre fortissimi soffiavano i venti contrari.
Forse anche per questa variabile il benefattore ungherese ha dato alla sua visione una scadenza quinquennale: possibile che tra cinque anni la variabile Elisabetta sia riassorbita dalle scadenze biologiche e che il successore sia più flessibile dell’attuale sovrana.
Da vedere, perché a tale proposito stanno fiorendo ipotesi più o meno di fantasia, come ad esempio il salto della successione dal principe ereditario Carlo al principino William, con tutto ciò di imprevisto che a tale salto consegue.
Detto questo, e al di là degli sviluppi geopolitici futuri, sarebbe auspicabile che il destino della Brexit, ma soprattutto quello dell’Unione, avesse altri protagonisti e interpreti che non i benefattori di rito ungherese.
Se resteranno questi, infatti, i protagonisti delle magnifiche sorti e progressive dell’Unione, tale destino si annuncia più che drammatico. Tragico.