1 Luglio 2025

Netanyahu lunedì negli Usa: a tema la tregua a Gaza

di Davide Malacaria
Netanyahu lunedì negli Usa: a tema la tregua a Gaza
Tempo di lettura: 4 minuti

Il 7 luglio Netanyahu si recherà alla Casa Bianca. Notizia che si interseca con quelle, più che insistenti, riguardanti le pressioni dell’amministrazione Trump per chiudere la guerra di Gaza e liberare gli ostaggi. Il cessate il fuoco sarà il tema dell’incontro con il presidente degli Stati Uniti, insieme alla querelle Iran, scrivono i media israeliani (ma Trump ha chiuso il dossier Iran, come si evince dalle sue dichiarazioni: difficile che ceda alle pressioni di Tel Aviv per riaprirlo).

Ne accenna anche un lancio della Reuters, che spiega come Netanyahu abbia inviato in avanscoperta il suo fido Ron Dermer, suo consigliere strategico, atterrato oggi negli States, proprio mentre Israele sta lanciando sulla Striscia l’attacco più intensivo degli ultimi mesi.

Probabile che l’incontro sia stato sollecitato da Trump che, ricevendo Netanyahu alla Casa Bianca, intendeva dare l’annuncio del cessate il fuoco, ostentando al mondo il successo e coinvolgendo in tale trionfo anche il premier israeliano, partecipazione che quest’ultimo ritiene necessaria per dimostrare che la decisione di adire a una tregua non discende dalle pressioni Usa. Deve preservare l’immagine di uomo forte, fondamento della sua carriera insieme a una notevole scaltrezza e a una ancor più notevole spregiudicatezza, usque ad effusionem sanguinem (ovviamente altrui).

Tale tempistica immaginata da Trump la si deduce dalla sua affermazione di tre giorni fa, quando ha dichiarato che entro questa settimana si sarebbe raggiunto un cessate il fuoco. Tempistica riveduta, così che Trump oggi ha dichiarato “riteniamo che entro la prossima settimana avremo il cessate il fuoco”. Dove è importante anche quel “riteniamo”, che dà all’affermazione un senso meno assertivo della precedente.

Trump says Gaza ceasefire possible ‘within the next week’, gives no details

Il fatto è che Netanyahu, che aveva aperto a tale possibilità la scorsa settimana, come al solito, ha iniziato a frenare. E, come per le altre volte, a parte altre divergenze, il nodo gordiano resta le richieste di Hamas di un cessate il fuoco duraturo e di garanzie che evitino che Tel Aviv riprenda le ostilità, com’è accaduto dopo la tregua precedente.

Su questo punto Netanyahu non vuol cedere nonostante le pressioni Usa, che il Times of Israel riassume così: “I funzionari statunitensi dovrebbero dire a Dermer che la guerra deve finire e che gli ostaggi rimasti devono essere liberati, mentre l’eliminazione di Hamas può aspettare un’occasione futura”.

Israeli officials temper expectations for Gaza deal amid heavy US pressure

Non per nulla, nella settimana che dovrebbe portare a un cessate il fuoco, Israele ha intensificato gli attacchi, in aperta sfida a Trump, e ha evitato di riprendere il dialogo con Hamas. Si tratta dell’ennesimo braccio di ferro tra l’America e il “mago” di Israele, il quale ha preteso anche che il cessate il fuoco sia associato all’adesione di qualche altro Paese agli accordi di Abramo e alla fine del suo processo penale.

Se la Siria dei terroristi di al Qaeda è ormai pronta a normalizzare le relazioni con Israele, grazie anche alla decisioni di Trump di annullare tutte le sanzioni contro Damasco, resta però la pietra d’inciampo del processo, con tanta parte di Israele che si oppone sia alla restituzione dell’agibilità politica a Netanyahu, sia alle ingerenze di Trump negli affari interni israeliani.

Trump non demorde, e ha toccato Israele sui soldi, minacciando di tagliare i finanziamenti Usa se il processo non sarà annullato. E sembra che il pressing stia ottenendo dei risultati.

Infatti, il Times of Israel spiega come la grazia a Netanyahu sia stata al centro del colloquio tra il presidente israeliano Isaac Herzog e l’ex presidente della Corte Suprema Aharon Barak, che evidentemente ha ancora influenza nella magistratura.

Herzog set to discuss ways to end PM’s trial, as White House highlights Trump’s empathy

Più volte, quando era in carica, Barak aveva proposto a Netanyahu di dimettersi in cambio dell’annullamento del processo, ricevendo diversi niet. A quanto pare la posizione dell’ex magistrato resta immutata e l’ipotesi che sta prendendo piede è che il processo venga annullato in cambio delle elezioni anticipate (le opposizioni chiedono in cambio, invece, l’allontanamento di Netanyahu dall’attività politica, cosa che questi non accetterà mai).

A segnalare che l’opzione sta raccogliendo consensi, il nuovo fervore che agita la politica israeliana dopo mesi di rigor mortis (dei palestinesi). Se Netanyahu incassa la grazia e può ostentare le vittorie conseguite in questi venti mesi di conflitti – vittoria indubbia su Hezbollah e Assad, dubbia su Hamas e non vera sull’Iran, ma sono particolari – oltre che potersi vantare dell’ampliamento degli Accordi di Abramo e del patto d’acciaio stretto con Trump, potrebbe anche accettare un cessate il fuoco duraturo a Gaza e sciogliere il governo (i media israeliani raccontano che potrebbe rivincere le elezioni per poi guidare un governo formato dal suo partito e le forze oggi all’opposizione, mandando all’opposizione i suoi attuali alleati messianici, ma è ancora una prospettiva aleatoria).

Come si nota c’è un certo stridore non solo tra le richieste di Hamas e quelle di Netanyahu, ma anche tra la tempistica dettata da Trump e le richieste di Netanyahu da evadere in così poco tempo… vedremo.

Abbiamo dedicato questa nota a tali miserie umane perché da tali miserie umane dipende la vita o la morte di tanti altri palestinesi, adulti, vecchi, bambini. Intanto, il genocidio continua.

 

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