11 Agosto 2025

Fuoco di sbarramento sul summit Putin-Trump

di Davide Malacaria
Fuoco di sbarramento sul summit Putin-Trump
Tempo di lettura: 4 minuti

Dopo un momentaneo sbandamento, il partito della guerra senza fine si è ripreso e ha iniziato a bombardare le possibilità di pace aperte dal vertice Trump-Putin. Per dare inizio al fuoco di sbarramento il partito della guerra ha usato, al solito, la Ue, stringendo il laccio dal quale i suoi leader si erano momentaneamente liberati e spingendoli a perseverare in questa direttrice masochista, che ha già impoverito il Vecchio Continente, sempre più subordinato e de-industrializzato e sempre più insignificante a livello geopolitico (tranne, appunto, quando si fa strumento altrui).

Dal novero dei leader masochisti di cui sopra va tolto il premier inglese, dal momento che il suo Paese ha tutto l’interesse a non far finire la guerra, ché più l’Europa continentale s’impoverisce più l’impero britannico, o quel che ne resta, avrà potere d’influenza su di essa.

Ai volenterosi si è aggiunta, ovviamente, la variegata schiera dei guerrafondai d’oltreoceano, che annovera liberal e neoconservatori, solerti nel difendere l’integrità territoriale ucraina quanto, nel segreto o pubblicamente, il genocidio palestinese, contraddizione solo apparente dal momento che si tratta di spinte che vivono di convergenze parallele.

Argomento principe della canea montante contro il vertice russo-americano è la critica alla decisione di non coinvolgere Kiev, che peraltro sarebbe coinvolta in un secondo e meno delicato momento.

Critica che mira a costringere i due presidenti a invitare al summit Zelensky, che vi prenderebbe parte, nelle loro sulfuree intenzioni, in qualità di guastatore, esattamente il motivo per cui non è stato invitato (se ciò cambierà, potrà ovviamente parteciparvi).

Lo denotano le dichiarazioni di Zelensky che, dopo aver salutato con un misto di imbarazzo di apertura l’annuncio, tanto da spingersi a dichiarare che “è ora che la guerra finisca”, ha poi, nell’ennesimo voltafaccia, rimesso mano alla sua propaganda d’accatto, fatta di insulti a Putin e di difesa di un’integrità territoriale che è stata perduta grazie a lui, avendo egli, spinto dai suoi sponsor, sabotato i negoziati avviati e quasi siglati all’inizio del conflitto.

Quanto alla richiesta che Kiev non sia esclusa dai negoziati, quel che tale richiesta tace è che Zelensky non rappresenta affatto l’Ucraina: non il suo popolo oppresso da un regime per il quale esso è essenzialmente carne da cannone.

Ne è prova anche la recente approvazione della legge che impone agli studenti come obbligatoria la materia “Difesa dell’Ucraina”, volta a dare a tutti gli studenti un “addestramento militare generale di base”, norma necessitata dalla volontà di proseguire fino all’ultimo ucraino questa guerra per procura a maggior gloria dell’Occidente.

Una legge che non nasce dal nulla, ma da fermenti diffusi nelle élite ucraine, basti pensare alla dichiarazione di Igor Shvaika, ex parlamentare di Svoboda e ora alto dirigente dell’apparato preposto al reclutamento delle reclute, il quale ha dichiarato che gli ucraini dovrebbero essere preparati alla guerra fin dall’asilo… echi dei Balilla fascisti, meglio della Gioventù hitleriana.

Il popolo ucraino, quando interpellato nell’anonimato, spera in ben altro, come hanno rivelato diversi sondaggi indipendenti svolti durante la guerra e ribadito in quello recentemente realizzato dalla Gallup i cui esiti, sul sito ufficiale dell’agenzia, sono riportati sotto questo titolo: “Crolla il sostegno ucraino allo sforzo bellico”.

Così nella sintesi: “Nell’ultimo sondaggio Gallup sull’Ucraina, condotto all’inizio di luglio, il 69% si è dichiarato favorevole a una fine negoziata della guerra il prima possibile rispetto al 24% che sostiene di continuare a combattere fino alla vittoria”.

“Ciò segna un’inversione di tendenza quasi totale rispetto all’espressione dell’opinione pubblica del 2022, quando il 73% [degli interpellati] si era dichiarato favorevole affinché l’Ucraina combattesse fino alla vittoria mentre il 22% voleva che l’Ucraina cercasse una conclusione negoziata il prima possibile”. Zelensky e i suoi sponsor, ovviamente, non tengono in alcun conto cosa pensa o vuole il popolo ucraino: d’altronde il suo potere non si basa sul consenso popolare, ma sul sostegno dei suoi sponsor internazionali.

Al di là, e per spiegare l’insolita location del summit tra Putin e Trump, sempre se ci sarà, la scelta dell’Alaska porta con sé alcune suggestioni. Ne scrive un analista russo, che ricorda come essa fosse stata per oltre un secolo l’America russa, prima di essere venduta agli Stati Uniti, nel 1867, per pochi milioni di dollari.

Decisione che discendeva dalla coscienza dell’impossibilità di conservarla e dal timore che finisse per diventare l’ennesima colonia dell’impero britannico. Così Mosca preferì Washington a Londra. Ma il passato dell’America russa resta come ombra, un legame atavico per tanti residenti e mai rescisso del tutto.

Inoltre, l’Alaska fu cruciale nel corso della Seconda guerra mondiale, quando diventò il cordone ombelicale che per anni permise il flusso di armi ed equipaggiamento statunitense diretto ai russi impegnati a sostenere l’invasione nazista.

Per stare al presente, il luogo scelto per l’incontro è quanto di più lontano ci possa essere dai partner europei dell’America, a segnare una distanza, mentre la location artica genera suggestioni riguardanti l’interesse manifestato da Trump per le risorse nascoste sotto i ghiacci polari – a iniziare dalla pretesa di comprare la Groenlandia. Tema già affrontato nei colloqui tra i due team e che potrebbe essere ripreso.

Ma il cenno più significativo dell’analista citato riguardo la location riguarda la sicurezza, più facile da assicurare in quella landa quasi disabitata, peraltro facilmente controllabile anche dai confini russi. Già, perché faranno di tutto pur di far saltare in aria l’incontro. Di tutto.

 

Piccolenote è collegato da affinità elettive a InsideOver. Invitiamo i nostri lettori a prenderne visione e, se di gradimento, a sostenerlo tramite abbonamento.