28 Novembre 2013

Berlusconi fuori dal Parlamento

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Silvio Berlusconi decade, come scontato, dopo il voto in aula che ne ha decretato la fuoriuscita dal Parlamento italiano. Chi ha condotto questa campagna contro il Cavaliere nella speranza di toglierlo dalla scena politica resta un po’ smarrito, dal momento che il morto non ha nessuna voglia di morire, anzi sembra più vivo che mai. Ma è possibile che, al di là di qualche ingenuo della politica (vedi Cinque stelle), la manovra non mirasse tanto alla fine dell’era del Cavaliere, quanto a tornare al solito teatrino che da anni vede i berlusconiani contrapporsi agli antiberlusconiani. Spiego meglio: se il fondamento di questo governo delle larghe intese era proprio uscire dallo scontro all’ultimo sangue destra-sinistra che ha affaticato l’Italia negli ultimi venti anni, l’averlo rimesso in piedi è la più grande vittoria politica che gli avversari del governo di pacificazione nazionale potessero conseguire, prima ancora della estromissione del Cavaliere dal Parlamento italiano, che anzi favorisce questo disegno. Se si andrà a elezioni e a un nuovo governo, il teatrino polarizzerà ancora una volta lo scontro politico, non lasciando spazio ad alternative e condannando l’Italia ad altri mesi, anni forse, di crisi economica. Con buona pace delle tante persone di buona e cattiva volontà che avevano scommesso su una pacificazione nazionale per poter affrontare la drammatica situazione nella quale è sprofondata l’Italia. Così chi ha salutato l’evento come la fine della seconda repubblica non ha che da prendere atto che invece, mutatis mutandae, siamo tornati a venti anni fa. 

Nel lamentare questo rinnovato clima da guerra civile, Antonio Polito, nell’editoriale del Corriere della Sera, scrive: «Di questo finale portano le responsabilità molti avversari di Berlusconi. C’erano vie per togliere alla inevitabile decadenza il sapore della vendetta, o addirittura il sospetto che serva per rendere il decaduto più vulnerabile alle Procure. Un voto segreto al Senato sarebbe stato più rispettoso delle regole e politicamente più definitivo, avrebbe tolto al dibattito di ieri quell’aria di copione già scritto altrove». Ovviamente non vanno eluse le responsabilità del Cavaliere, politiche prima ancora che di ordine giudiziario, ma quelle sono sotto gli occhi di tutti e non vale la pena soffermarvisi.

Val la pena, invece, riflettere su un particolare non secondario. La sinistra ha buon gioco a replicare ad alcune accuse mosse dalla parte opposta, ricordando che la legge Severino – avvocato di fiducia di Gaetano Caltagirone, non certo persona di sinistra – in base alla quale è stato deciso il destino parlamentare del Cavaliere, era stata votata anche dal Pdl al tempo del governo Monti.

Quella legge, ritagliata ad hoc sul profilo del Cavaliere tanto da prefigurarsi come legge ad personam, è passata inosservata a tutto il Pdl. A Berlusconi, anzitutto, che è un buon commerciante ma paga il fatto di non sapere ancora, dopo venti anni di esercizio, cosa sia la politica. Ai suoi avvocati, pagati profumatamente dal loro assistito i quali, forse concentrati sui processi, non si sono accorti del dibattito acceso che ha preceduto la votazione. Passi: magari si sono fidati dei parlamentari del Pdl e delle loro rassicurazioni sul tema. Ma è mai possibile che la legge non sia stata, se non studiata, almeno letta dai parlamentari del centrodestra prima che fosse votata? Perché, tra l’altro, solo oggi e non allora è stato sollevato il problema della sua retroattività? Ovviamente i parlamentari del centrodestra non sono all’altezza della situazione, come si vede nel quotidiano scorrere della vita politica italiana, ma a capire che quella norma sarebbe stata usata come una clava contro Berlusconi non serviva un genio della politica. Lo avrebbe capito anche un comune cittadino alieno da ogni infarinatura politica. Eppure l’hanno votata tutti quelli che al tempo affollavano l’emiciclo destro del parlamento: avvocati, imprenditori, uomini di cultura. O c’è un deficit grave di intelligenza, non solo politica, tra le fila dei berlusconiani, oppure c’è altro e meno ingenuo.

Sono gli stessi che ora si stringono attorno al Cavaliere gridando al golpe. «Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io», recita un proverbio popolare che Berlusconi avrebbe dovuto tenere in maggior conto. Ma tant’è, ormai la decadenza lo ha consegnato nelle mani di falchi, pitonesse e lupi. Felice di vivere questa nuova avventura insieme ai suoi allegri e chiassosi carnefici, che hanno ritrovato vita dopo lo scampato pericolo della pacificazione nazionale, che li destinava all’oblio.

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