Dalla guerra all'Isis a quella contro Damasco?
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«Il Cremlino sospetta che dietro l’intervento della coalizione in Siria contro lo Stato Islamico (Isis) ci sia l’intenzione di Washington di rovesciare Bashar Assad e così Mosca recapita un avvertimento alla Casa Bianca. “Se le forze della coalizione dovessero colpire quelle del governo siriano, siamo pronti a fornire armamenti aerei a Damasco”, afferma un alto funzionario del Cremlino alla Tv libanese “Al Maydin”». Così inizia un articolo di Maurizio Molinari sulla Stampa del 29 settembre (Putin avverte gli Usa: armerò Assad).
I sospetti del Cremlino non sono affatto infondati. Finora i raid Usa contro gli jihadisti che operano in Siria sono avvenuti senza particolari intoppi, ma diverse voci negli Stati Uniti stanno chiedendo un cambio di passo.
L’idea è quella di creare una o più aree no fly zone per proteggere i civili siriani. Tale misura, però, in realtà risulterebbe rivolta contro Damasco, l’unica in zona a possedere aerei. Di fatto sarebbe un atto di guerra contro Assad e ricorda quanto realizzato in Libia, dove grazie alla no fly zone gli jihadisti, denominati allora dai media “forze ribelli”, rovesciarono Gheddafi (è bene ricordare che molti di loro, per una ovvia eterogenesi dei fini, oggi ingrossano le fila dell’Isis).
E ancora: dopo giorni di titubanza la Turchia, come previsto, ha rotto gli indugi ed è pronta a fare la sua parte in questa guerra contro l’Isis. In un’intervista, il presidente turco Tayyp Erdogan ha addirittura rilanciato, dichiarando di esser pronto a far scendere in campo il suo esercito, in particolare per occupare una zona di territorio siriano al confine turco. Zona che, ovviamente, sarebbe anch’essa interdetta all’aviazione di Damasco. L’operazione per l’esercito turco risulterebbe alquanto facile, dal momento che quell’area è sotto il controllo di Al Nusra con la quale la Turchia intesse da anni ambigui rapporti: la frontiera turca risulta talmente porosa al transito di rifornimenti e di reclute per questa organizzazione terroristica che gli Stati Uniti hanno dovuto chiedere ad Ankara di porre rimedio. Di fatto però quella proposta da Erdogan sarebbe un’invasione legalizzata di parte del territorio siriano, un atto di guerra vero e proprio.
Da tempo in Turchia c’è chi scalpita per chiudere i conti con Assad (rimandiamo a un’intercettazione telefonica che ha fatto molto discutere nel recente passato). A quanto pare oggi la tentazione è più forte che mai.
Progetti inquietanti indicati come necessari a porre fine alla follia degli jihadisti, Isis e Al Nusra in particolare, che imperversano sulla popolazione civile siriana della quale, fino a ieri, all’Occidente non è importato pressoché nulla: innumerevoli gli appelli del governo di Damasco all’Occidente perché si adoperasse anche verso i loro alleati dei Paesi del Golfo per chiudere i rubinetti dei finanziamenti a queste organizzazioni. Tutti vani.
D’altronde che questa crociata contro l’Isis presenti dei lati oscuri era chiaro fin dal principio. Usare del mostro Isis per riuscire a dare la spallata definitiva ad Assad sarebbe un errore madornale: non farebbe che aumentare il caos in Medio Oriente rendendo il mondo, tutto il mondo, più insicuro, perché è nel caos che nascono e si alimentano mostri come l’Isis.
Inoltre, come accennato all’inizio, un intervento diretto contro Assad costituirebbe un’ulteriore, pericolosa, sfida a Putin. Cosa ancora più inquietante: far finta che la Russia non sia una potenza nucleare non appartiene a quel realismo sul quale dovrebbe essere fondata la politica. Un deficit non da poco per quanti sono chiamati a guidare i destini di popoli e nazioni in questo periodo di difficile transizione.