28 Ottobre 2013

Giustizia e riforme, ecco l'agenda Renzi

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Finisce in un trionfo la Leopolda. Matteo Renzi parla da leader in pectore e declina il suo verbo rottamatore usando, al solito, slogan e battute. Parterre pieno: di simpatizzanti renziani, renziani dell’ultima ora, renziani di ritorno, renziani per forza e diversamente renziani. Il suo destino manifesto è prendere in mano le redini dell’Italia e ne ha dato un assaggio, eliminando bandiere e gonfaloni per aprire il partito a tutti. Parla della riforma della legge elettorale, che vorrebbe ritagliata su quella usata per l’elezione del sindaco; di quella penale, che ora che il Cavaliere è fuori gioco si può fare – d’altronde che sia una necessità è indubbio da tempo, al di là delle intemerate berlusconiane -.

Tra le tante battute del Matteo nazionale anche quella che l’italianità non si difende «guardando il passaporto di chi compra le aziende…». Pochi giorni fa era stato il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni – uomo vicino al presidente della Bce Mario Draghi – a declinare il verbo privatizzare, mettendo nel novero delle imprese in vendita anche la Rai. E c’è qualcosa di bizzarro in questa foga privatizzante: la classe dirigente italiana, presente e futura, dichiara che il Paese è in vendita; che le aziende straniere, le uniche che al momento hanno liquidità, possono tranquillamente appressarsi al supermercato Italia per accaparrarsi i pezzi migliori; ovviamente, e questo è scontato dati i precedenti, a prezzi d’occasione. Era dal periodo più oscuro della recente storia italiana, quello caratterizzato dalle stragi di mafia in cui persero la vita i magistrati Falcone e Borsellino, che si premeva in questa direzione: da quando, nel giugno del ’92, sul yacht Britannia, politici e funzionari italiani, tra i quali spiccava un giovane Mario Draghi, spiegavano a possibili investitori stranieri le possibilità offerte dal supermarket Italia.

Ma al di là della digressione, che purtroppo avremo modo di verificare nel tempo, resta la Leopolda e il popolo di sinistra (?) che vi si ammassava commosso per la performance surreale di un ragazzo fiorentino, in quella che è apparsa la più grande vittoria di Berlusconi: sconfitto a destra, il suo populismo conquista la sinistra. Più giovane, aggressivo, charmant. D’altronde, quando Renzi dice di voler sottrarre elettori al centrodestra sa bene di cosa parla.

L’ironia della vicenda è che quanti a sinistra hanno combattuto Berlusconi con metodo e chirurgia lo sanno bene. E si sono ritrovati sotto il palco della Leopolda ad applaudire con entusiasmo la propria nemesi. Resta da vedere se il Blair de’ noantri riuscirà a portare a compimento il cambiamento antropologico della sinistra. La politica italiana riserva spesso imprevisti.

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