9 Luglio 2013

La denuncia di Francesco: globalizzazione dell'indifferenza

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Il primo viaggio apostolico di papa Francesco a Lampedusa ha commosso l’Italia. La corona di fiori gettata in mare, la veste penitenziale usata per la messa, le parole usate nella predica hanno toccato cuori. E finalmente, nelle more del viaggio, si è saputa anche la cifra dei morti in mare in questi viaggi della “speranza”: ventimila, un numero che schiaccia. Rimandiamo al discorso del Papa pubblicato nella rubrica Chiesa, limitandoci a sottolineare come il gesto del Papa è stato anzitutto e soprattutto un gesto di preghiera, perché sia chiesta al Signore la grazia di osservare il comandamento che chiede di amare il prossimo come se stessi.

E, insieme, è stata un’opera di misericordia spirituale. La Chiesa chiede di pregare per i defunti e di consolare gli afflitti. Questo ha fatto Francesco a Lampedusa. Portando conforto ai tanti immigrati che soffrono: per gli orrori dai quali scappano (in particolare i conflitti: solo per fare un esempio, la guerra nella Repubblica democratica del Congo che ha causato oltre cinque milioni di morti – ancora di tragica attualità – si è scatenata  perché le multinazionali erano “affamate” di coltan, elemento essenziale per i cellulari e altro); per le angherie dei trafficanti di esseri umani (forse il commercio più redditizio del pianeta, avendo raggiunto per fatturato, se non superato, il traffico della droga); per le discriminazioni subite da esuli. 

Ma ha portato conforto anche ai fedeli – e a tanti uomini di buona volontà -, con la sua semplice e immediata testimonianza cristiana. A loro, ai semplici fedeli, poveri peccatori di questo povero mondo, è chiesto di pregare il Signore per ricevere la grazia di obbedire ai suoi comandamenti e mettere in atto quelle opere di misericordia corporale e spirituale che portano pace e conforto anzitutto al proprio cuore, a quello del prossimo e al cuore misericordioso di Gesù.

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