19 Febbraio 2015

La Libia, l'Isis e il gendarme del mondo

La Libia, l'Isis e il gendarme del mondo
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Allo studio un intervento di stabilizzazione della Libia da parte dell’Onu, che dovrebbe comportare un limitato (quanto è da vedere) intervento militare da parte di Paesi occidentali e arabi in appoggio a qualche fazione delle varie forze in campo in Libia. Il nemico è definito, l’Isis, ma è possibile, anzi auspicabile, che si tenti di ridimensionare anche il pericolo legato alle milizie di Ansar al Sharia (legate ad al Qaeda) e altre fazioni jihadiste che scorrazzano liberamente sul terreno.

 

Ma, al caos di milizie sparse sul territorio, che spesso operano come bande a sé stanti, si sommano le influenze esterne. Così Roberto Toscano sulla Stampa del 19 febbraio: «Per definire la Libia di oggi non basta la pur evidente dimensione di una violenta anarchia. Bisogna aggiungere la guerra per procura fra Egitto da una parte, che appoggia il governo di Tobruk, ormai con azioni militari dirette e palesi, e Turchia e Qatar dall’altra, questi ultimi a sostegno di quella parte dell’islamismo armato che fa riferimento (anche se non senza ambiguità e zone grige) all’ideologia dei Fratelli Musulmani».

 

Il Cairo considera i Fratelli Musulmani dei nemici giurati: il suo attuale Presidente, il generale al Sisi, infatti, è andato al potere nella temperie della liquidazione di tale organizzazione dalla geografia socio-politica egiziana e non vuole che riemerga ai suoi confini.

Né le influenze esterne sono limitate a queste entità: nel Paese operano diverse Compagnie petrolifere. Oltre quelle arabe, quelle occidentali: inglesi, francesi, americane e italiane. Ognuna di queste ha accordi e legami – seppur saltuari e provvisori data la situazione caotica – con i ràis di turno e con i principali contendenti al controllo del Paese.

 

Definire una missione stabilizzatrice non sarà facile, e dovrà tenere conto dei vari fattori in campo, nella speranza, seppur remota, che gli interessi delle Compagnie petrolifere citate siano considerati secondari rispetto al compito Politico (con la P maiuscola) prefissato, il quale ha un alto valore nel contesto di una stabilizzazione più ampia, dal momento che avrebbe ricadute in tutta la sponda Sud del Mediterraneo (la fine del caos libico, tra l’altro, potrebbe comportare anche un ridimensionamento della furia sanguinaria di Boko Haram).

 

Non sarà facile, anche perché si tratta di una missione che non può avere per sua natura dei paletti pre-definiti, dovendo assumere tratti cangianti a seconda dello sviluppo della situazione. E non può che durare tempo, anche se molto meno di quanto richiederebbe un intervento militare diretto sul campo (tra l’altro dove hanno avuto luogo – Iraq, Afghanistan, la stessa Libia – non solo non si è avuta stabilizzazione, ma l’esatto contrario).

 

La buona notizia è il ritorno dell’Onu. Da tempo si assiste a un ridimensionamento di questo organo sovranazionale, nella pretesa di tornare a un passato che vedeva le contese internazionali risolte in base ai rapporti di forza e, in estrema ratio, attraverso i conflitti.

Tra l’altro, in questo ultimo quindicennio, c’è chi ha immaginato che la pace nel mondo, finito il tempo delle Nazioni unite (oramai considerato organo obsoleto), potesse essere assicurata solo dalla potenza militare degli Stati Uniti. Un gendarme del mondo che, insieme ai suoi alleati, avrebbe potuto garantire la sicurezza globale.

 

Nonostante i tanti fallimenti sul campo, c’è chi si ostina in tale dottrina. Un eventuale successo dell’iniziativa libica sponsorizzata dall’Onu aiuterebbe a rendere ancora più evidente che per riportare un po’ di pace in questo povero mondo non servono gendarmi, per quanto ben armati, ma la diplomazia, che in sede Onu può trovare convergenze e soluzioni.

 

Nota a margine. Ieri forze speciali egiziane hanno compiuto un blitz a Derna, città in mano all’Isis già bombardata dall’aviazione del Cairo, uccidendo oltre 140 terroristi e catturandone una cinquantina. È noto che l’Egitto in questa fase gode dell’appoggio logistico e militare russo. Un successo militare non indifferente. Ad oggi gli Usa, nonostante i roboanti proclami, non possono vantare un successo militare analogo nella loro guerra contro l’Isis (cento bombardamenti fino a ora, qualche danno, poco altro).

 

L’attivismo egiziano inizia a dare fastidio a tanti sia nel mondo arabo che in quello occidentale, perché percepito come una potenziale minaccia ai propri interessi in loco. Forse anche da questo fastidio deriva la concordia riguardo l’iniziativa Onu, che oltre che contrastare l’Isis per taluni dovrebbe, appunto, contenere l’iniziativa egiziana in un ambito condiviso, se non marginalizzarla. Ambiguità della politica…

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