4 Ottobre 2013

La strage della vergogna

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Il fuoco divampa. Stavolta in mezzo al mare. Consumando le vite di centinaia di migranti affollati su un battello colato a picco a seguito di un impossibile incendio marino. Al largo di Lampedusa, dove il Papa si era recato a pregare per le tante, troppe, vittime di questa interminabile tragedia nella sua prima visita apostolica. Quel Papa che ora, con voce vibrante, ha definito una «vergogna» questa ennesima strage. Parla ai potenti Francesco, ma anche al cuore di ciascuno di noi, troppo spesso angustiato da mille problemi virtuali, incapace di palpitare per quelli reali.

Una tragedia senza precedenti nella storia dell’immigrazione, che vede da decenni milioni di uomini, donne e bambini tentare l’approdo sulle coste italiane nonostante i tristi perigli. Fuggono dalla fame e dalle guerre che i potenti di questo mondo alimentano per depredare i Paesi in via di sviluppo delle loro ricchezze, per ridisegnare la geopolitica mondiale, per mantenere uno status quo che privilegia i pochi sulle moltitudini. Un potere oscuro che produce disperazione, traendo profitto anche da questa grazie al traffico di esseri umani che è diventato ormai uno dei business più lucrosi del mondo, al pari di quello della droga al quale è legato. Un business che si autoalimenta, retto da organizzazioni segrete, che poi tanto segrete non sono. Che ha le sue rotte, altrettanto note. E che vive e opera grazie alle tante connivenze istituzionali che trova nel mondo.

Ma sono cose risapute queste, e affatica ripeterle ora, davanti a tanto orrore.

Giorgio Napolitano ha parlato di «strage di innocenti». E ha parlato a nome dell’Italia intera stavolta. L’Italia che aveva tratto un sospiro di sollievo ieri, scampato il pericolo di precipitare in una crisi che avrebbe portato il Paese al collasso. Un sollievo che si è trasformato in costernato dolore, quando le immagini di questa ground zero marina sono piombate nelle case degli italiani. La politica chiede che l’Europa si muova, che il mondo si muova, ché da solo il nostro Paese non può fronteggiare un fenomeno che ha un orizzonte mondiale. Forse qualcosa l’Europa farà, dopo anni di infastidito disinteresse, forse si limiterà alle solite frasi di circostanza e all’usata burocrazia. Ma certo è doveroso tentare, come è doveroso cambiare il modo con il quale il nostro Paese approccia la tragedia dei tanti migranti, di terra e di mare. Non basta una Bossi-Fini, serve ben altro.

Ma questo domani. Oggi è più forte l’orrore. Quell’orrore che ha inghiottito nel profondo del mare tante vite innocenti. «Dal profondo a te grido, o Dio / Signore, ascolta la mia voce. / Siano i tuoi orecchi attenti / alla voce della mia preghiera». Recita, appunto, il De profundis. Una preghiera che a rileggerla oggi vibra più commossa che mai. 

Giù, nel profondo, il Signore accolga, accoglie, questi nostri fratelli nel suo abbraccio misericordioso. Migranti di questo povero mondo, la cui preghiera si è consumata tutta in un viaggio senza ritorno su di un algido mare salato.

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