24 Gennaio 2015

Le elezioni in Grecia e l'Europa

Le elezioni in Grecia e l'Europa
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Importanti le elezioni che si terranno in Grecia in questo fine settimana. Tutti i media danno vincente la sinistra di Syriza e il suo leader Alexis Tsipras. Probabile, anche se le sorprese sono dietro l’angolo, non solo di esito, ma anche in termini di governabilità.

La sinistra greca, non da oggi, vuole mettere in discussione la linea di austerità che la Germania, e non solo, ha imposto agli Stati dell’Unione europea. Da qui l’importanza di queste elezioni, accompagnate con timore dai fautori del rigore.

 

La Grecia è stata la culla della civiltà occidentale; ha quindi un certo significato simbolico il fatto che una nuova idea di Europa, dei popoli e non delle banche e della finanza, possa nascere, meglio, rinascere, da qui. Un significato simbolico che fa assumere a queste elezioni periferiche un significato alto.

In particolare, ne uscirebbero rafforzate tutte le forze politiche che attualmente stanno tentando di arginare il fondamentalismo finanziario di Berlino.

 

Tsipras è di sinistra, ma la sua battaglia è comune a tante forze politiche, anche opposte tra loro: dalla destra di Marine Le Pen – seppur ridimensionata dagli attentati a Parigi – al movimento Cinque stelle e a molti altri (compreso lo stesso Nigel Farage, non solo per motivi interni alla dialettica politica britannica). Movimenti e partiti populisti, come li bollano alcuni analisti, dimenticando che in Italia il movimento populista per eccellenza, il renzismo, è stato creato e vive proprio in funzione del fondamentalismo finanziario egemone a Bruxelles. Può porsi in dialettica con lo stesso, ché questo è consentito, ma rimanendo sempre all’interno del quadro di riferimento ideale dei suoi interlocutori.

 

Certo, sarebbe illusorio immaginare che un’eventuale affermazione di Syriza cambierebbe magicamente le cose. Né sarebbe realistico parlare della riscossa dei popoli contro la dittatura delle banche. Ma certo qualcosa cambierebbe. Solo per fare un esempio, alquanto minimo ma non troppo, potrebbe far rinascere una sinistra in Italia al di fuori del Pd renzista, nella quale attualmente è costretta (ancella dialettica del potere con un destino di consunzione).

 

La partita per l’Europa sarà lunga e faticosa e il suo esito incerto. Il fondamentalismo finanziario e la cultura aristocratico-elitaria che vi si associa (che alimenta l’attuale diseguaglianza scandalosa della distribuzione dei redditi) non abita solo il Vecchio Continente, ma è egemone anche oltreoceano. Da qui la sua forza.

Ma se immaginare di rifondare l’Europa dei popoli è attualmente idea utopistica, il fatto che qualcuno apertamente vi aspiri, e possa contrastare certe tragiche derive, alimenta la buona speranza.

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