24 Dicembre 2013

Pussy Riot libere, la sfida a Putin "È solo l'inizio, pronte a lottare"

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Come annunciato, Putin libera le Pussy Riot. Le quali, appena tornate in libertà, hanno fatto la loro conferenza stampa, spiegando che continueranno a lottare contro Putin, contro il regime autoritario russo etc. Il giorno prima era stata la volta del magnate Michail Khodorkovsky, un altro detenuto eccellente beniamino dell’Occidente, simbolo della libertà violata dallo zar imperiale, a essere scarcerato e a tenere analoga conferenza stampa a favore dei detenuti politici rinchiusi nelle carceri russe e contro l’autoritarismo russo.

Molti commentatori si affannano a spiegare che le misure libertarie adottate dallo zar moscovita si siano rese necessarie per la buona riuscita delle Olimpiadi di Sochi, alle quali le carcerazioni eccellenti avrebbero fatto ombra. E per stornare il pericolo di ulteriori defezioni eccellenti alla manifestazione olimpica – alla quale Putin tiene moltissimo – causate dalla politica discriminatoria russa nei confronti della comunità gay. È indubbiamente vero, ma non fotografa tutta la realtà.

Con queste decisioni liberali (che sembrano così impossibili in Italia: l’indulto in Russia ha liberato il 10% della popolazione carceraria, da noi ancora si discute per provvedimenti più leggeri) Putin ha dimostrato di saper alternare forza e clemenza. E soprattutto di saper giocare sul piano mediatico, cosa indispensabile nel mondo moderno. E ha rilanciato l’immagine della sua Russia sul piano internazionale.

Una nota a margine merita certo strabismo mediatico: fiumi di inchiostro sono stati riversati, a torto o a ragione, a favore della scarcerazione delle Pussy Riot e di Khodorkovsky. Nessun giornale ha speso una riga per la liberazione del soldato Bradley Manning, seppellito nelle carceri Usa per aver rivelato a Julian Assange gli intrighi della diplomazia Usa nel decennio delle guerre neocon. Lo stesso Assange è ancora un fuggiasco eccellente; anche Edward Snowden, che ha rivelato lo scandalo dello spionaggio segreto da parte delle agenzie di informazione Usa contro milioni di cittadini dell’Occidente, è costretto all’esilio in Russia, pena la carcerazione a vita o peggio. I detenuti russi sono diventati simbolo di libertà, questi ultimi di oscuro tradimento. C’è qualcosa che non torna.

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