4 Settembre 2013

Siria, più vicini i raid Usa

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John Boehner, lo speaker dei repubblicani alla Camera dei deputati, ha detto sì a Obama. Noto per una predisposizione al compromesso e alla moderazione, il suo assenso all’intervento Usa in Siria pesa più di quello espresso da altri leader repubblicani, come John McCain e Eric Cantor, invero alquanto scontato; e di quello, altrettanto scontato, della donna che guida i democratici, Nancy Pelosi. Insomma, i vari capi si sono schierati per il sì, spostando l’ago della bilancia a favore del Presidente Usa; ma non sono pochi a rilevare il clima di grande incertezza che ancora grava sul voto del Congresso Usa. Colpisce, tra gli altri, il noto scrittore statunitense Russel Banks, che, in un’intervista a Repubblica, si dichiara certo della sconfitta della linea guerrafondaia, dal momento che i parlamentari Usa devono rispondere agli elettori e questi sono in maggioranza contro la guerra. Di certo, per poter passare al Congresso, la mozione interventista sarà limata, fissando paletti ben precisi: Obama continua a dire che sarà un intervento limitato nel tempo e nei mezzi e che nessuno scarpone Usa calcherà la terra siriana. Sarà questo, presumibilmente, il mandato che riceverà, se, come sembra, vincerà al Congresso. Resta che le guerre si sa come iniziano, non si sa come finiscono, al di là dei limiti che può fissare un Parlamento. Un’incognita che, nel caso siriano, è ancora più marcata, come si è potuto constatare ieri quando Israele ha lanciato un missile che per circa due ore ha tenuto il mondo in drammatica sospensione. Captato dai sistemi radar russi, il lancio balistico è stato prima negato dagli interessati, poi confessato: una prova di forza preventiva da parte dello Stato ebraico, che non aiuta ad abbassare la tensione.

Nello stesso giorno, il segretario dell’Onu Ban Ki Moon ha dato un segnale di vita, dichiarando che un intervento al di fuori del mandato Onu sarebbe illegale. Potrebbe fare di più, dal momento che l’Onu è stata creata proprio per affrontare situazioni simili, ma almeno è un inizio. 

D’altronde anche il guerriero riluttante Obama poteva fare di più: dopo il no del Parlamento inglese aveva trovato una sponda sulla quale costruire una posizione personale meno intransigente, che avrebbe potuto passare, ad esempio, tramite l’Onu. Purtroppo per il mondo, Obama non ha voluto percorrere quella strada né, cosa ancora più grave, ha mai accennato nel suo discorso a una possibile soluzione negoziata del conflitto siriano. Obama era stato eletto Presidente degli Stati Uniti proprio perché aveva promesso di porre fine all’unilateralismo Usa. Invece, tradendo i suoi elettori e sostenitori, si troverà presumibilmente a condurre un intervento armato in una posizione ancora più isolata del suo predecessore. C’è qualcosa di sbagliato in una civiltà che vede un Nobel per la pace rischiare di scatenare la terza guerra mondiale. Sbagliato e insieme malato.

 

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