7 Agosto 2013

Tempesta politica sul giudice che ha condannato Berlusconi

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Antonio Esposito, il giudice della Cassazione del processo Mediaset, si è reso protagonista di uno scivolone: in un’intervista al Mattino di Napoli ha anticipato i contenuti della motivazione della sentenza. Nell’intervista, Esposito ha detto che il principio del “non poteva non sapere” non è un principio di diritto, dal momento che anche un capo può essere all’oscuro di quanto fanno i suoi sottoposti. Mentre loro andranno a scrivere sulla sentenza che Berlusconi sapeva del meccanismo della frode fiscale adottato da Mediaset, perché gli era stato riferito (pare che nelle carte, questo sostiene Coppi, non ci sia un solo teste che ha detto di aver riferito a Berlusconi qualcosa…).

Al di là della controversa precisazione (peraltro giusta la parte in cui Esposito critica la barbarie del principio del “non poteva non sapere”, che è stato alla base di Tangentopoli), resta l’inopportunità di un’anticipazione a mezzo stampa dei contenuti della motivazione della sentenza, «cosa mai vista», come ha detto Coppi. La sortita di Esposito ha suscitato reazioni nel Pdl, dal momento che l’irritualità dell’esternazione appare conferma dell’anomalo criterio di giudizio adottato dal magistrato nei confronti dell’illustre imputato.

Certo, sul piano giuridico ormai la sentenza è definitiva e nulla può cambiare questa inopportuna esternazione, almeno così sostiene certa sinistra. Dimenticando che Adriano Sofri, illustre collaboratore del giornale più avverso a Berlusconi, per molto meno ottenne due revisioni del suo processo, dopo che per ben due volte la Cassazione aveva confermato la condanna per l’omicidio Calabresi.

Ma della definitività della sentenza è convinto anche l’avvocato Coppi, con sano  realismo: la legge, nonostante i tanti accorgimenti posti in atto per limitare gli errori – tra questi i tre gradi di giudizio -, non è uguale per tutti.

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