25 Ottobre 2013

Tunisia nel caos, rivolta contro il potere islamista

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I Fratelli musulmani sono ancora una volta oggetto di contestazione, dopo l’Egitto ora anche in Tunisia, dove sono al governo con il partito Ennadha, Tunisi è stato teatro di manifestazioni di piazza animate dai partiti laici che accusano il governo di connivenza con i fondamentalisti islamici.

Era nell’aria che, una volta saltato il presidente Morsi in Egitto, sarebbe venuto il momento anche per Ennadha di fronteggiare le proteste popolari. I Fratelli musulmani avevano preso il potere quasi simultaneamente nelle due nazioni mediterranee, sull’onda della cosiddetta Primavera islamica, che ormai appartiene al passato. Simul stabunt simul cadent.

Resta da vedere come reagirà la Fratellanza tunisina, se cioè si irrigidirà nel tentativo di conservare il potere o cederà alla piazza. Da tempo ha promesso di cercare un accordo con l’opposizione per varare un’amministrazione provvisoria e la nuova Costituzione, dimostrando maggiore duttilità di Morsi che invece aveva irrigidito sempre più le sue posizioni fino alla sua rovinosa deposizione.

La nuova ondata di proteste potrebbe convincere Ennadha ad accelerare il cammino delle riforme, oppure innescare una reazione dagli esiti difficilmente calcolabili. Se è vero che Ennadha non sembra avere la forza di sostenere un braccio di ferro con la piazza, è pur vero che il Paese ospita una forte presenza di islamisti islamici forti anche dei rapporti con i jihadisti della vicina Libia. Così, in caso di conflitto tra Ennadha e partiti laici, il radicalismo islamico potrebbe avere uno spazio di manovra ad oggi limitato. 

Sia concessa una considerazione finale. Da tempo l’altra sponda del Mediterraneo è preda dell’instabilità. L’Europa, quando non interviene per i suoi interessi, latita, mentre potrebbe dare un contributo non indifferente allo sviluppo democratico ed economico di queste nazioni, con vantaggi economici e sociali notevoli. Tra l’altro sarebbe un modo, forse meno dispendioso e più intelligente, per porre un argine all’immigrazione clandestina. 

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