22 Marzo 2013

Turchia, Ocalan disarma i curdi

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Da un carcere di massima sicurezza turco, dove è recluso da anni, Abdullah Ocalan, leader del partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) ha dichiarato la fine delle ostilità. Si chiude così una pagina sanguinosa della storia turca, con ricadute in tutto il Medio Oriente: 30 anni di guerra, decine di migliaia di vittime. «Non è una fine, ma un nuovo inizio», ha dichiarato il leader curdo. La dichiarazione, fatta nel giorno di Nevruz, il capodanno turco, ha riscaldato gli animi degli uomini del partito curdo, che hanno subito dichiarato la loro adesione alla linea dettata dal prigioniero eccellente. Alquanto caute, invece, le reazioni delle autorità turche, che sospenderanno le operazioni anti-curde solo dopo l’effettiva deposizione delle armi da parte dei guerriglieri, considerati finora alla stregua di terroristi. I curdi dovrebbero tornare nel Nord dell’Iraq, base per le incursioni in terra turca, senza più temere le incursioni turche in territorio iracheno. Il partito curdo, definitivamente sdoganato, potrebbe avere una parte più attiva nella vita democratica del Paese. Ed Erdogan può consolidare il suo potere all’interno del Paese, forte di questa pacificazione a lungo negoziata nel segreto.

Una trattativa che sembrava essere saltata a gennaio di quest’anno, quando tre attiviste curde erano state freddate a Parigi da killer professionisti all’interno del centro culturale da loro diretto. Anche loro sono state ricordate ieri nelle piazze turche: il loro sacrificio non è stato vano.

Se è mai esistita una Primavera araba, foriera di un cambiamento in positivo di un mondo dilaniato da conflitti e costretto nelle libertà, quanto accaduto in Turchia vi appartiene di diritto.

 

 

 

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