4 Giugno 2013

"Wikileaks aiutò Al Qaeda Ergastolo al soldato Manning"

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È iniziato ieri il processo al soldato Bradley Manning, l’analista in forza ai servizi di informazione Usa che ha passato centinaia di migliaia di documenti segreti a Julian Assange, dando vita alla vicenda Wikileaks. Al soldato Manning vengono contestati vari reati, tra i quali, il più grave, quello di aver messo in pericolo la sicurezza nazionale, fornendo ai nemici degli Stati Uniti informazioni sensibili. Lui si difende spiegando che le rivelazioni erano volte a suscitare un dibattito sulle guerre condotte dagli Usa in quegli anni. Rischia l’ergastolo o addirittura la pena capitale: una possibilità non remota, se si prende in considerazione gli interessi toccati. Manning ha subito una carcerazione preventiva durissima, nonostante non abbia mai parlato di Assange quale ispiratore del suo delitto. Una circostanza che rende più difficile alla giustizia Usa perseguire l’attivista australiano, al momento rinchiuso nell’ambasciata ecuadoriana a Londra. 

Vicenda controversa quella di Wikileaks: i documenti pubblicati, in fondo, non hanno svelato granché. Resta il valore simbolico della questione, che non è solo la battaglia per la libera circolazione delle informazioni, concetto un po’ più ampio di quello della libertà di stampa (e pericoloso, dal momento che esistono informazioni riservate il cui disvelamento può mettere in pericolo vite e reputazioni). È soprattutto il caso di coscienza di un uomo che si è trovato a esprimere una protesta, in modo più o meno discutibile, contro una guerra che riteneva ingiusta.

Il processo conoscerà momenti di tensione, anche perché l’accusa vuole a tutti i costi una condanna esemplare. Si salverà il soldato Manning?

 

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