9 Aprile 2016

Il Papa e la nota a piè di pagina

Il Papa e la nota a piè di pagina
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Esce finalmente il documento post sinodale che conclude e condensa il dibattito del Sinodo straordinario sulla famiglia che tanto rumore ha fatto nella Chiesa e nel mondo.

Amoris Laetitia è un documento sulla famiglia e sulle unioni civili e sugli altri temi del Sinodo, rivolto alla Chiesa e ai fedeli, che ricalca il magistero precedente e si iscrive nella tradizione della Chiesa. Né poteva essere diversamente, al di là delle follie scritte e dette in questi mesi.

 

Non che non abbia una sua fisionomia particolare e dei tratti distintivi, propri di un Papa che in questo momento così tragico per la Chiesa e per il mondo non può far altro – lo impone il realismo cristiano – che affidare tutto e tutti alla misericordia di Dio.

 

La notizia, o meglio la non notizia, è che non c’è quella lacerazione rispetto al passato invocata o sperata da tanti, da una parte e dall’altra della barricata, da destra e da sinistra, che avrebbe avuto riflessi devastanti per la Chiesa. C’è la tenerezza del Signore verso tutti, più volte ribadita da Francesco, il realismo di affidare alla grazia del Signore più che al rigore della dottrina il destino dell’uomo. E altro, che chi vuole può leggere scorrendo le pagine del documento.

 

Alla vexata quaestio, quella della comunione ai divorziati e conviventi more uxorio (nella Chiesa non è dato un secondo matrimonio come indica la sintesi divorziati-risposati), il Papa dedica alcune righe. Questo il passaggio più significativo:

 

«Per comprendere in modo adeguato perché è possibile e necessario un discernimento speciale in alcune situazioni dette “irregolari”, c’è una questione di cui si deve sempre tenere conto, in modo che mai si pensi che si pretenda di ridurre le esigenze del Vangelo. La Chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante».

 

«I limiti non dipendono semplicemente da una eventuale ignoranza della norma. Un soggetto, pur conoscendo bene la norma, può avere grande difficoltà nel comprendere “valori insiti nella norma morale” o si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa».

 

Ribadita quindi la non esclusione a priori di nessuno dalla vita della Chiesa (e non ponendo limiti alla grazia di Dio), nella relativa nota accenna alle possibilità per i tanti che si trovano in questa condizione “irregolare” (purtroppo sempre di più nella società moderna) di accostarsi ai sacramenti. E scrive:

 

«In certi casi, potrebbe essere anche l’aiuto dei Sacramenti. Per questo, “ai sacerdoti ricordo che il confessionale non dev’essere una sala di tortura bensì il luogo della misericordia del Signore”. Ugualmente segnalo che l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti, ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli”».

 

Insomma, si ribadisce, nella maniera più alta e autorevole quel che da tempo era prassi consolidata presso tante parrocchie, ovvero di discernere caso per caso, e al di là di ogni preclusione precostituita, la possibilità di poter assolvere dai peccati un penitente che viva una condizione “irregolare”. E quindi la possibilità di questi di ricevere l’eucaristia. Ciò renderà più facile l’accesso ai sacramenti a tanti, certo più che in passato.

 

Ma forse la cosa che più colpisce di questo documento è proprio il fatto che la questione sulla quale si è centrato il dibattito mediatico (come tanto dibattito ecclesiale) sia stata relegata a una nota a piè di pagina. Come a dire, anzi a dichiarare in maniera manifesta, che non era quello il punto della questione.

 

Già, perché il punto della questione resta la grazia del Signore, il suo operare con e tra gli uomini di questo mondo. Senza questa divina disposizione, la Chiesa non può fare o dire nulla di interessante. Quando invece brilla di luce divina, ovvero non sua, può rifletterla sul mondo, rendendo facili situazione complicate, felici situazioni tristi.

 

Per questo anche un documento in fondo banale, l’ennesimo documento sulla famiglia prodotto dalla Chiesa, che ribadisce cose più o meno usate in maniera nuova, può dare un qualche conforto. Perché, quando umilmente accoglie e altrettanto umilmente rimanda ad Altro, è indizio che si cammina sulla via giusta. Quella tracciata non da mano umana, ma dal Signore.

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