3 Giugno 2015

L'ultima cena

L'ultima cena
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Pubblichiamo uno scritto che ci ha regalato Giorgio Gonella, religioso della Congregazione dei Piccoli fratelli del Vangelo.

 

Fu tanti anni fa. Non ricordo molti dettagli, soltanto alcuni. Però ricordo vividamente che si trattò di un incontro di grande intesità, di quelli che cambiano una vita.

Freddy viveva sui marciapiedi di Manhattan. Non ho mai conosciuto il suo cognome. Era un barbone, anche letteralmente: aveva una barba nera molto lunga e patriarcale. Una serie di cappotti lo avvolgevano anche in piena estate. Era stato ricco, lavorando negli investimenti immobiliari. Ma poi gli affari andarono male, incominciò a bere e la moglie lo cacciò di casa. Da anni ormai viveva sui marciapiedi, ma chi gli parlava era colpito dalla sua cultura e dai suoi tanti interessi.

 

Parlava benissimo il francese. Quando veniva da noi voleva che gli mettessimo il disco dell’Adagio di Albinoni, che lui chiamava “Albanesi”: poteva riascoltarlo per ore senza stancarsi. Ogni tanto veniva a messa nella nostra cappellina, e certe volte, al momento di passare il vino consacrato, eravamo un po’ preoccupati, ma non c’è mai stato nessun incidente. Era un gentiluomo.

 

Santoshi era una ragazza di bassa statura, con dei meravigliosi occhi color acquamarina. Era stata attrice, ma poi aveva abusato di droghe e di sesso; si era persa. A quanto diceva lei, era stata salvata dall’incontro con Swami Satchinadanda, quello della 13a Strada. Era entrata nella sua comunità induista e aveva adottato il suo nuovo nome: Santoshi. Anteriormente era Caroline Ziegefusse, americana di origini tedesche. Vestiva sempre un sari bianco, che le dava un’aura di mistero. Anche lei ogni tanto veniva a messa nel nostro appartamento: le ricordava un passato cattolico che era sotterrato nel suo passato. Forse le risvegliava un po’ di nostalgia. Ma veniva chiaramente come “auditrice libera”.

 

Una sera Freddy e Santoschi si ritrovarono a Messa e subito dopo passarono alla sala da pranzo con noi. Era la prima volta che Santoshi si sedeva a tavola con un uomo della strada. Era seduta di fronte a lui e cominciò timidamente e timorosamente a parlargli. Freddy tirò fuori dal suo cappotto una bottiglia di ketchup con cui ricoprì il cibo del suo piatto. Santoshi le domandò perché e allora lui aprì il suo cappotto e mostrò che nelle tasche interne aveva una serie di salse: «Quando uno trova il suo cibo nei secchi delle immondizie, è obbligato a cospargerlo di molte salse per non sentirne il gusto».

 

La conversazione divenne più profonda: Freddy le parlò del suo Gesù, uomo concreto fatto di carne ed ossa. Non ricordo i dettagli, ma certamente le ripeté alcune delle sue frasi classiche: «Io so bene cosa visse Gesù, perché era uno che non aveva un centesimo come me». Oppure l’altra: «Non so se ci sarà una seconda venuta di Cristo, ma se ci sarà, spero per lui che ritorni meno squattrinato della prima volta». Il Dio di Santoshi era etereo, chissà un po’ gassoso; Freddy le presentava un Dio concreto e solido come il marciapiede.

 

Alcuni giorni dopo, Santoshi venne da noi. Già aveva rispolverato il suo nome originario: Caroline. Era vestita in camicia e jeans. E ci disse: «Ho incontrato Gesù in persona: era seduto al vostro tavolo l’altra sera e si chiama Freddy». E poi l’annuncio: ritorno in Polonia (dove aveva iniziato la sua carriera d’attrice) per entrare nel Carmelo di Auschwitz. Molti anni dopo seppi che era ancora lì: professa perpetua carmelitana. Non ho notizie recenti.

Quanto a Freddy morì poche settimane dopo, ucciso da una coltellata all’angolo della 14a Strada e la 3a Avenue. Pare che avesse iniziato a mendicare in un angolo di strada che un altro senza tetto aveva dichiarato di sua esclusiva proprietà.

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