28 Marzo 2019

Le elezioni israeliane e la nuova crisi di Gaza

Le elezioni israeliane e la nuova crisi di Gaza
Tempo di lettura: 3 minuti

Israele bombarda la Siria, sette i morti. Era tanto che Tel Aviv non inviava i suoi jet a colpire il Paese confinante. Mossa a sorpresa, dato che in questo momento Netanyahu si trova ad affrontare nuove criticità a Gaza, dove per un soffio si è evitata, almeno finora, una guerra.

La crisi di Gaza

Tutto inizia tre giorni fa, quando un razzo partito da Gaza colpiva Tel Aviv. È il secondo indirizzato verso la capitale israeliana, minaccia che Israele non può ignorare.

Un allarme così alto che Netanyahu affretta i tempi della sua visita in America, dove intendeva chiudere la sua campagna elettorale – si vota il 9 aprile – consegnando agli elettori israeliani il Golan, gentilmente donato da Trump, e ricevere il plauso unanime dell’Aipac , la più potente lobby ebraica Usa.

Invece deve tornare precipitosamente in patria, inviando all’Aipac un affrettato video-messaggio.

Gaza subisce i soliti bombardamenti e Netanyahu richiama i riservisti, ammassando truppe ai confini. Rischio invasione, dunque, con tutto ciò che comporta (l’ultima volta oltre duemila le vittime).

Tensione che si abbassa nelle ore successive, ma che resta alta. Fonti dell’esercito, riferisce Haaretz, credono che il missile sia partito per errore, ma hanno timore di dirlo pubblicamente per non passare per filo-palestinesi.

Mentre proseguono le minacce di una campagna di vaste proporzioni all’interno della Striscia, si ricorrono anche le voci di trattative segrete. Secondo quanto riferisce Timeofisrael, Tel Aviv avrebbe offerto concessioni in cambio dell’attutimento delle tensioni.

Al momento Hamas, colpita duramente dai raid, ha rifiutato le offerte e ha chiamato il popolo palestinese all’ennesima delle manifestazioni ai confini di Israele, iniziate dopo la funesta decisione di Trump di consegnare Gerusalemme allo Stato ebraico.

Proteste contrastate con forza dall’esercito israeliano, come rilevato anche dalle Nazioni Unite in un rapporto durissimo contro Israele, che ha incontrato un’altrettanto durissima replica da parte di Tel Aviv.

Le elezioni israeliane e la nuova crisi di Gaza

Il videomessaggio di Netanyahu all’Aipac

La guerra le elezioni israeliane

Situazione ad alto rischio. Questa l’analisi di Gideon Levy su Haaretz: “Se ci sarà un’altra guerra con Gaza, Dio non voglia, sarà in gran parte dovuta all’incitamento dei media di sinistra. Se la guerra sarà evitata, sarà in gran parte grazie alla moderazione della bestia nera di quei media, la destra di Benjamin Netanyahu”.

Già, perché a spingere per una campagna alzo zero, nel caso specifico, è la sinistra, mentre Netanyahu frena.

Si ripropone quanto avevamo scritto in precedenza: Netanyahu non vuole una guerra a Gaza perché vuol risolvere la questione palestinese con il cosiddetto processo di pace di Trump (in realtà suo), che vede un accordo con i Paesi arabi sunniti per un unico Stato israeliano, con qualche autonomia ghettizzante per i residuali palestinesi.

Questa crisi è piombata addosso a Netanyahu imprevista e imprevedibile, rovinandogli la festa americana.

Il premier israeliano teme una guerra sotto elezioni: un errore, cioè vittime israeliane, può risultargli fatale. Ma se non la fa, sarà accusato di debolezza.

Non la vuole non perché sia un pacifista, tutt’altro, ma perché ritiene che il vero nemico di Israele sia l’Iran, sul quale vuol concentrare tutte le forze dello Stato.

Da qui l’improvviso raid israeliano in Siria: Netanyahu ha voluto ribadire la sua linea. Davanti ai suoi elettori, ai quali ha voluto riaffermare la sua capacità di contrastare Teheran.

Ma anche davanti ad Hamas, ai cui leader ha voluto mostrare coi fatti che considera la criticità della Striscia minaccia secondaria. Gli serve un qualche accordo con Hamas. E gli serve in fretta, da offrire ai suoi elettori.

Giorni tormentati per il tormentato Medio oriente, sul quale incombe la più aspra battaglia elettorale mai combattuta in Israele.

 

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