7 Gennaio 2016

I muscoli (di cartapesta) della Corea del Nord

I muscoli (di cartapesta) della Corea del Nord
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Ha allarmato il mondo l’annuncio del test nucleare della Corea del Nord. In un’intervista concessa a Giuseppe Sarcina per il Corriere della Sera del 7 gennaio, però, Ian Bremmer, presidente del centro studi Eurasia Group, minimizza: l’annuncio sarebbe solo un modo per dimostrare che il presidente Kim-un Yong, la cui autorità è alquanto fragile, «mantiene saldamente il comando, che il Paese non sta implodendo».

 

Una dimostrazione di forza necessaria anche in vista del prossimo compleanno del leader, che cadrà l’8 gennaio (trentatré anni). Egli, continua Bremmer, «è concentrato sul consolidamento del suo comando interno. Il test nucleare fa parte di questa strategia. Un altro segnale importante è che per la prima volta da quando è al potere ha convocato il congresso del partito comunista. Anche questo è un modo di dire: ho il Paese in pugno».

 

Nota a margine. Interessante anche la posizione della Cina, che ha condannato il test. Giudo Santevecchi, in un’analisi pubblicata lo stesso giorno dal Corriere, spiega che il presidente cinese Xi Jinping non ha un particolare feeling con l’attuale leader coreano e che in Pyongyang egli «vede oggi solo un interesse (e un rischio strategico): tiene gli americani a Sud del 38% parallelo e quindi lontani dal suo confine. Un crollo del regime porterebbe a un fiume di profughi e alla possibile dispersione dell’arsenale nucleare. Ma il comportamento irresponsabile di Kim giustifica anche la presenza delle forze armate americane nella regione».

 

Di certo, l’annuncio incendiario di Pyongyang non favorisce una distensione nell’aera pacifica, dove la tensione tra Giappone e Cina, e tra il Dragone e gli Stati Uniti, è alta. Ma resta che, in realtà, si tratta di una bolla di sapone.

 

 

In un’intervista rilasciata a Massimiliano Lenzi per il Tempo e rilanciata da Dagospia, il senatore Antonio Razzi, che conserva un rapporto privilegiato con la Corea del Nord, ha suggerito di usare verso quel Paese la via cubana: dialogo in vista dell’eliminazione dell’embargo (sessant’anni di durissimo embargo…). Razzi non è certo uno statista (è stato protagonista di diverse controversie politiche), ma la proposta è intelligente.

 

Una linea che potrebbe accompagnarsi con una politica volta a favorire la distensione tra Corea del Nord e del Sud, che in tempi recenti ha avuto qualche sviluppo positivo (anche nelle contraddizioni). Limitarsi a condannare non aiuta i coreani, e il suo leader, a uscire da quella sindrome da accerchiamento che li spinge a mostrare i muscoli (di cartapesta).

 

 

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