16 Gennaio 2014

Il processo di pace israelo-palestinese suscita nervosismo

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«Che gli diano il Nobel per la pace e ci lasci tranquilli»: con queste parole il ministro della Difesa israeliano ha criticato duramente l’attivismo di John Kerry, che incalza lo Stato ebraico sul processo di riconciliazione con i palestinesi, spinto, secondo Moshe Yaalon, da «un’ossessione fuori luogo» e «fervore messianico» [sic].

Le critiche hanno innescato una reazione forte e inusuale negli Stati Uniti: il Dipartimento di Stato ha definito le critiche «oltraggiose» e non consone a uno Stato considerato uno «stretto alleato». Anche in Israele le affermazioni di Yaalon sono apparse sopra le righe, tanto che sia il ministro degli Esteri Avigdor Liberman sia il premier Bibi Netanyahu hanno dovuto prendere le distanze, costringendo Yaalon a scusarsi.

Abbiamo riportato questa breve nota del Corriere della Sera di Davide Frattini (titolo: Americani “oltraggiati” dalle accuse israeliane) perché indicativo del nervosismo che le iniziative di pace Usa stanno creando in alcuni ambiti israeliani. Segno che Kerry fa sul serio. Non accadeva dai tempi di Clinton (ma al tempo c’erano Arafat, Rabin e Peres ed era in qualche modo obbligato) che l’America si esponesse così tanto per tentare di riportare pace tra israeliani e palestinesi. Nonostante le tremende difficoltà, si coltiva la buona speranza.

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