6 Luglio 2022

Il senso di Israele per il cyberterrorismo

Il senso di Israele per il cyberterrorismo
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“Il ministro della Difesa Benny Gantz possiede il copyright di un nuovo termine: cyberterrorismo”, che ha usato contro l’Iran nel corso di un intervento pubblico per denunciarne gli attacchi contro Israele e minacciare ritorsioni (il termine usato nell’occasione non esclude, implicitamente, una risposta militare).

Quel che abbiamo riportato è l’incipit di un articolo di Yossi Melmam su Haaretz, che, commenta così le parole del ministro: “Sembra che non ci sia un limite al desiderio di Israele di usare la parola ‘terrore’”, termine che un tempo identificava solo l’uso della violenza contro civili per scopi politici e ora copre un più ampio spettro di attività.

Tanto che, continua Melmam, Israele ha identificato come “terrorismo diplomatico” e/o “terrorismo legale” il BDS (movimento che chiede il boicottaggio delle merci prodotte nei territori palestinesi occupati) contro il quale, anche grazie a tale criminalizzazione, i vari governi di Tel Aviv hanno condotto una campagna di successo in tutto il mondo.

Eppure tali attività dei palestinesi, spiega Melmam, “non sono affatto terrorismo. Sono il suo esatto opposto. Le persone che usano mezzi diplomatici o legali, o addirittura chiedono un boicottaggio contro Israele, non sono terroriste. Sono diplomatici o esperti di diritto o attivisti del BDS che in realtà si astengono da attività terroristiche”.

“Né l’uso degli strumenti digitali può essere identificato come terrorismo – prosegue Melman – È un mezzo, sempre più diffuso negli ultimi anni, per raggiungere una grande varietà di obiettivi”.

Tali obiettivi possono essere vitali, tanto da perdere vite, continua Melmam, ma ormai il web è talmente importante che tutte le maggiori potenze mondiali si sono dotate di un esercito, più o meno grande, più o meno preparato, di soldati da tastiera.

Anche Israele e Stati Uniti hanno le loro unità cibernetiche, che difendono e lanciano attacchi in tutto il mondo al pari di Cina e Russia. E per tornare all’Iran, Melmam dettaglia i tanti attacchi informatici realizzati da Israele contro Teheran, che hanno causato disagio diffuso e procurato danni ingenti al rivale regionale.

“Quando l’Iran si è reso conto che Israele e gli Stati Uniti stavano conducendo una guerra informatica contro di esso – conclude Melmam –  Teheran ha iniziato a rispondere. Le banche statunitensi sono state colpite, così come i computer della compagnia petrolifera saudita Aramco. Non passa giorno che l’Iran non attacchi Israele, anche se con scarso successo” [e Israele l’Iran, aggiungiamo].

“Se quello che sta facendo l’Iran è terrorismo, anche le attività di Israele sono terrorismo. Ecco perché è ipocrisia da parte di Gantz accusare l’Iran di cyberterrorismo. Tali affermazioni non hanno senso e faremmo bene a non demonizzare il nostro rivale”.

Di interesse, questo articolo, non solo perché spiega il contesto regionale, nel quale l’Iran è vittima non carnefice, ma perché raccomanda una sana igiene delle parole, le quali in politica estera hanno un peso specifico notevole. Vale anche per altri contesti.

E per tornare nel ristretto ambito israeliano, il recente scandalo di Pegasus, lo spyware multifunzionale che ha aiutato i dittatori di mezzo mondo a ottimizzare la loro attività repressiva, dovrebbe forse indurre le autorità israeliane a una pausa di riflessione (sul punto rimandiamo a un precedente articolo di Haaretz).

Ps. Per restare a Israele, e a proposito di terrorismo, il generale che sembra destinato a comandare l’esercito israeliano,, Eyal Zamir, in un recente rapporto ha esortato a intensificare gli omicidi mirati contro personalità iraniane (Timesofisrael). Si può immaginare la reazione di Tel Aviv e degli Stati Uniti se una prospettiva analoga fosse stata enunciata così esplicitamente dal Capo di Stato maggiore iraniano…

 

 

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