Iran: cenni distensivi e manovre oscure
Tempo di lettura: 3 minutiIl confronto Usa-Iran da alcuni giorni è in stallo: si attende il 28 luglio, quando si terrà un incontro per tentare di salvare l’accordo sul nucleare.
Presenti tutte i Paesi firmatari dell’intesa tranne gli Stati Uniti, ovvero Gran Bretagna, Francia, Germania, Cina, Russia, ma anche esponenti di Teheran, che avranno modo così di parlare direttamente con i loro interlocutori.
Instex
In tale sede si tenterà di avviare finalmente Instex, il meccanismo studiato dalla Ue per evitare le sanzioni sull’acquisto del petrolio iraniano, varato ma non funzionante.
Cina e Russia hanno dichiarato di voler aderire al meccanismo, cosa che potrebbe aiutare ad avviarlo permettendo a Teheran di tirare un sospiro di sollievo dalla stretta che blocca il suo greggio.
Peraltro l’avvio di Instex è stato richiesto con insistenza dalle autorità iraniane che, in cambio, si sono dette disposte a cessare la loro attività di arricchimento dell’uranio.
Nell’attesa dell’incontro si registrano cenni di vario tenore, legati al recente sequestro di una petroliera britannica da parte di Teheran.
Petroliere
In segno di buona volontà l’Iran ha liberato quasi tutto l’equipaggio, ora in India, e il presidente Hassan Rhouani ha dichiarato che Teheran è pronta a lasciare andare la nave in cambio del rilascio della petroliera iraniana bloccata a Gibilterra.
Scambio difficile per le autorità londinesi, dato che a fermare la nave iraniana è una sentenza della Corte suprema del Territorio d’Oltremare, che ha deciso di rivedere la questione il 15 agosto, scadenza invero lontana per una vicenda così cruciale.
Se si voleva ingarbugliare la cosa non si sarebbe potuto trovare modalità migliore, dato che, peraltro, il pronunciamento dell’Alto Tribunale pone questioni di competenze difficili da dirimere per una democrazia dove la politica e la giustizia seguono vie separate.
Nel frattempo, Londra ha inviato un suo uomo a Teheran per seguire la questione. Di certo si sta studiando anche qualche via alternativa, meno impervia e più immediata.
Militarizzare Hormuz
Nel frattempo, le autorità della Gran Bretagna hanno anche deciso di iniziare a scortare le proprie navi in transito dallo Stretto di Hormuz, missione alla quale hanno chiesto l’adesione di altri Stati europei.
Perplessità su tale invito sono state espresse dal ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, il quale ha dichiarato che la Germania vuole approfondire la natura di tale missione prima di aderirvi.
Aggiungendo significativamente che Berlino non partecipa della campagna di “massima pressione” contro l’Iran avviata dall’amministrazione Trump.
In effetti, scortare navi nello Stretto in questa temperie non solo militarizza ancora di più la regione, portandovi peraltro attori finora assenti – col rischio di incidenti di percorso -, ma comporta incognite ancor più pericolose.
Di missioni che hanno cambiato natura in corso d’opera è piena la storia recente. Basta pensare alla campagna della coalizione anti-Isis a guida Usa, usata da Washington sia per controllare l’area petrolifera della Siria – il Nord Est, dove si trovano quasi tutti i giacimenti -, sia per sostenere la guerra dei sauditi contro i ribelli houti in Yemen.
Emirati Arabi e Iran
Al di là, proprio sul fronte Yemen si registra un cenno nuovo: il segretario di Stato di Hezbollah, lo sceicco Naïm Qassem, ha rivelato l’esistenza di incontri segreti tra Emirati Arabi Uniti e i ribelli houti per facilitare il ritiro delle truppe di Abu Dhabi dal teatro di guerra, annunciato ma attuato solo in minima parte.
I contatti sarebbero a vario livello e sarebbero allargati a Teheran. Una svolta che avevamo accennato e che trova conferma.
Abu Dhabi è stata finora attore protagonista – insieme a Riad – dell’asse anti-iraniano. Il suo ritiro può favorire ripensamenti anche nel complesso mondo arabo, dove non tutti sono entusiasti della bellicosità saudita.
Pompeo, l’ambiguo
Detto questo, si registra anche uno strano accenno di Mike Pompeo, che, nonostante si sia attivato per mettere su una coalizione internazionale per scortare le navi nel Golfo Persico, ha affermato si essere pronto a visitare Teheran.
La sua carriera politica è stata punteggiata da sparate contro l’Iran. Tanto che si può ben dire che ha puntato tutte le sue fiches su tale interventismo – dichiarare di voler bombardare l’Iran aiuta a far carriera. È un bel passo avanti, che va salutato con la dovuta prudenza.
Ps. La missione volta a scortare le petroliere in transito nello Stretto di Hormuz costa, e tanto. Rischia così di far aumentare il prezzo del petrolio. Una situazione alla lunga insostenibile. Se attuata, comporta un abbreviamento dei tempi per arrivare a un nuovo accordo con Teheran. Ma anche per muovergli guerra.