6 Agosto 2018

Iran: sanzioni nuove e antiche

Iran: sanzioni nuove e antiche
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Sorprendente John Bolton sull’Iran. In una intervista alla Fox News, il Coonsigliere alla Sicurezza nazionale Usa sembra porgere un ramoscello di olivo a Teheran: “Potrebbero accettare l’offerta del presidente di negoziare, di rinunciare ai loro programmi sui missili balistici e sulle armi nucleari in modo pienamente e realmente verificabile, non  nei termini onerosi dell’accordo nucleare iraniano [del passato, ndr.], che sono insoddisfacenti”.

A quanto pare, non ci sono più i falchi di una volta… Le dichiarazioni di Bolton giungono alla vigilia dell’introduzione di nuove sanzioni contro l’Iran, conseguenti alla rottura dell’accordo sul nucleare iraniano deciso da Trump nel maggio scorso.

Le sanzioni, sospese da Obama in seguito all’accordo, saranno ripristinate domattina, ulteriormente rafforzate. Colpiranno non solo l’Iran, ma anche tutte le aziende che commerciano con il Paese mediorientale, comprese quelle europee che hanno conservato l’accordo.

In un comunicato congiunto, i ministri degli Esteri tedesco, francese e britannico e l’alto rappresentante della Ue, Federica Mogherini, si sono detti “rammaricati” per l’improvvido passo americano e hanno affermato che proteggeranno le imprese europee che gli Usa vorrebbero travolgere con le sanzioni.

Braccio di ferro col mondo, dunque, quello di Trump, stante che anche Russia e Cina mantengono l’accordo e i commerci con Teheran. Ed è appena iniziato, anche se è da considerare che è da tanto tempo che i Paesi che hanno conservato l’accordo hanno immaginato e programmato lo scenario che andrà a concretizzarsi domani.

Proprio tale preparazione fa sì che il mondo non rischi rovesci nell’immediato. Ma certo il braccio di ferro voluto da Usa, sauditi e governo israeliano, come ha ricordato il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Zarif, non è gestibile alla lunga.

Probabile che con tale passo si voglia gettare benzina sul fuoco del malcontento che alligna in Iran contro i propri governanti, che già in questi giorni ha dato vita a manifestazioni di protesta (un morto e alcuni arresti). Ma da qui a ipotizzare che si possa dare il regime-change prefigurato da alcuni analisti è azzardato.

Quel che accadrà, comunque, è che da domani tra Iran e Stati Uniti riprenderanno a volare gli stracci. “La mia ipotesi – scrive David Rosemberg su Haaretz – è che si tratti di discorsi duri, ma mirati a intimidazioni reciproche piuttosto che a un vero e proprio confronto militare”.

Infatti, “nessuno – Iran, Stati Uniti o Israele – vuole che ciò dia vita a un conflitto aperto, ma potrebbe accadere. Se Washington o Teheran presumeranno che l’altra parte non vuole la guerra, i rispettivi leader si sentiranno più liberi di spingere ulteriormente” il confronto; con rischi di incidenti. La fatidica miccia.

Una guerra che perderebbero sia Israele che Iran, se scoppiasse. Infatti, “Come ha spiegato l’esercito al governo [israeliano] alcune settimane fa – prosegue Rosemberg – la prossima guerra missilistica sarà probabilmente su una scala molto più grande di quella che l’ha preceduta”, ovvero il conflitto libanese. E Israele ne subirà rovesci enormi. Come enormi sono i rischi che correrebbe il mondo.

Una guerra che non conviene a nessuno, ma alla quale in tanti non vogliono rinunciare a priori. Quel che sta avvenendo, infatti, più che a una strategia, sembra rispondere alla necessità di fare comunque qualcosa contro l’odiato nemico.

Possibile pure che i neocon si accontentino di un spostamento a destra del governo iraniano.

Si potrebbero accontentare cioè di un nuovo Ahmadinejad – il leader iraniano che hanno prediletto -, che riporti il Paese nell’oscurantismo e al di fuori di qualsiasi agibilità geopolitica globale. Un obiettivo mirato da ottenersi senza eccessivi danni.

Ma, appunto, non siamo nel campo della strategia, solo delle velleità, ché l’Iran di oggi è diverso da quello di anni fa, come anche lo scenario mediorientale è diverso da allora. E anche il mondo, nel suo piccolo, è cambiato. Vedremo. Ad oggi ci limitiamo a segnalare l’inizio ufficiale delle ostilità.

 

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