27 Aprile 2017

Le elezioni francesi e il dilemma della sinistra

Le elezioni francesi e il dilemma della sinistra
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Le presidenziali francesi sono oggetto di controversia all’interno della variegata sinistra transalpina, fatta fuori dal ballottaggio finale e chiamata a confrontarsi con la fase finale, che vede il duello tra il (sedicente) centrista Emmanuel Macron, leader del neonato movimento “En marche”, e  la candidata del Front national Marine Le Pen.

 

Se molti esponenti della sinistra hanno fatto una chiara indicazione di voto a favore di Macron, altri, come il candidato Jean-Luc Melenchon, hanno evitato tale endorsement, invitando i propri elettori a disertare le urne.

 

Insomma, la sinistra è lacerata. Una lacerazione che riecheggia in altri ambiti della sinistra europea (almeno la sedicente sinistra europea), perché pone un’opzione più che seria, decisiva: ovvero se per evitare la vittoria della destra, la sinistra debba appoggiare un candidato della destra tecnocratica, espressione di quella élite cultural-finanziaria che sta imponendo in tutta Europa quelle politiche economiche che sono alla base dell’impoverimento delle classi medio-basse.

 

Più che interessante la posizione di Emiliano Brancaccio, economista di sinistra che, intervistato da Giacomo Russo Spena per l’Espresso  del 25 aprile, afferma: «Chi a sinistra invita a votare il “meno peggio” non sembra comprendere che nelle condizioni in cui siamo il “meno peggio” è la causa del “peggio”. Le Pen e i suoi epigoni sono sintomi funesti, ma è Macron la malattia politica dell’Europa. Scegliere uno per contrastare l’altra è un controsenso».

 

Quindi, dopo aver criticato nel dettaglio le linee guida della politica economica annunciate da Macron, aggiunge: «Chi oggi decide di votare Macron sarà ricordato per avere aderito a una politica anti-sociale, che per giunta si rivelerà fallimentare rispetto ai suoi stessi scopi. Non dovremo meravigliarci se poi si apriranno ulteriori praterie di consenso operaio a favore di ipotesi politiche con caratteristiche ancora più marcatamente nazionaliste, e al limite neo-fasciste».

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