4 Agosto 2014

Lo jihadismo salafita e la guerra all'islam moderato

Lo jihadismo salafita e la guerra all'islam moderato
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«Le prime reazioni contro il Califfo dell’Isis che vengono da Mosul raccontano di musulmani che non accettano imposizioni, distruzioni di tombe e uccisioni. Reagiscono all’offensiva della furia jihadista contro quello che essi considerano il nemico più pericoloso: l’islam della maggioranza dei musulmani, né estremista né militante. Non lo dicono solo queste reazioni, ma lo affermano pragmaticamente gli stessi jihadisti. Accanto ai cristiani, ai mistici sufi, agli sciiti, e a tutto ciò che viene bollato come idolatra o deviato, i jihadisti mirano a cancellare l’islam moderato, che vogliono zittire a ogni costo. Anche il sedicente califfo Ibrahim dell’Isis ha detto che il suo compito prima di ogni altro è ripulire la comunità dagli apostati, ovvero da quei musulmani che non la pensano come loro. Sollecitato con insistenza negli ultimi giorni sul perché non vi sia nessun intervento pro-Gaza, lo ha ribadito: prima si devono spazzar via gli ipocriti che dividono l’Iraq dalla Palestina e che minano dall’interno l’Islam. Lo stesso pensiero condiviso dai salafiti locali, che non amano Hamas». Così Roberto Tottoli sul Corriere della Sera del 2 agosto (La minoranza fanatica jihadista vuole eliminare l’slam moderato), in un articolo nel quale dettaglia come l’estremismo islamico in diversi Paesi arabi, Pakistan compreso, stia muovendo guerra ai moderati, «proprio quelle voci più sensibili a dialogare con l’Occidente», conclude il cronista.

 

Nota  a margine. Di sicuro interesse l’articolo di Tottoli. Il problema è che l’Islam moderato è stretto nella morsa dei due estremismi: da una parte gli jihadisti, dall’altra quegli ambiti occidentali che non nascondono l’intenzione di ridisegnare la cartina geografica del mondo arabo secondo propri criteri e interessi e attraverso l’uso dissennato degli apparati militari. Così che la Libia ha visto il dilagare  – e l’esportazione – dello jihadismo dopo la guerra Nato al Colonnello Gheddafi; come anche la Siria, dove lo jihadismo si è inserito, non certo casualmente, nel disegno geopolitico che prevede la defenestrazione del Presidente Assad. Solo per fare due esempi evidenti.