Netanyahu e l'operazione contro hezbollah
Tempo di lettura: 3 minutiIsraele ha avviato una nuova operazione militare. Netanyahu ha annunciato di aver dato ordine di distruggere i tunnel costruiti da Hezbollah che minacciano il territorio israeliano. Situazione delicata, ad alto rischio, dato che rinnova le criticità tra Israele e il movimento sciita libanese.
Netanyahu e i tunnel di hezbollah
L’operazione ha il placet di Washington. Lo spiega Ron Ben Yishai su Yedioth Ahronoth, il quale osserva come sia stata avviata subito dopo l’incontro di ieri tra il premier israeliano e Mike Pompeo a Bruxelles.
Un incontro al quale Netanyahu si è presentato accompagnato dal direttore del Mossad, Yossi Cohen, dal consigliere per la sicurezza nazionale, Meir Ben Shabbat, e dal suo segretario militare. Un vero e proprio gabinetto di guerra.
Il vertice col Segretario di Stato americano si è concluso con una dichiarazione che metteva in guardia l’Iran sulle diverse attività in Iraq, Siria e Libano.
“Ma è sicuro – scrive Yishai – che Netanyahu ha chiesto l’incontro per avvertire gli Stati Uniti dell’operazione Scudo settentrionale per distruggere i tunnel, che può naturalmente trasformarsi in una grande guerra se Hezbollah deciderà di vendicarsi”.
Ad oggi hezbollah resta in silenzio, anche perché i tunnel demoliti sono in territorio israeliano.
I missili di hezbollah
Resta da vedere come si svilupperà la situazione, se cioè dilagherà, e come, in territorio libanese.
Ma se si tiene presente che il vero problema per la sicurezza israeliana, come spiega Yishai, non sono i tunnel, quanto i missili del movimento sciita, sempre più sofisticati, è possibile che l’esercito israeliano non si accontenterà solo di demolire qualche tunnel.
Probabile dunque che il governo di Tel Aviv tenterà di “aumentare la pressione diplomatica” (così Yishai) sul Libano per eliminare quella che considera una minaccia esistenziale.
Ma come da cenno di Yishai, la pressione potrebbe andare ben oltre il livello diplomatico, come peraltro sottendono le parole di John Bolton, Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, il quale ha affermato che l’operazione israeliana ha il “pieno appoggio degli Stati Uniti”.
Il petrolio iraniano
Operazione ad alto rischio, dunque, che va in parallelo alle pressioni che Washington sta esercitando su Teheran, sulla quale gravano le sanzioni sulla vendita del petrolio.
Ad oggi le sanzioni stanno producendo un effetto limitato, dato che l’Iran sta mettendo in atto diverse operazioni per eluderle. Tra queste il subentro di imprese cinesi a quelle francesi, che hanno abbandonato il territorio iraniano.
C’è il rischio che gli Usa impongano restrizioni sul commercio petrolifero manu militari. Da qui la minaccia iraniana di chiudere lo stretto di Hormuz, cosa che sicuramente innescherebbe un’escalation.
Insomma, lo scontro tra Israele-Stati Uniti e Iran abbraccia tutta la mezzaluna sciita, con pericoli evidenti.
I guai di Netahyahu
L’accelerazione sul fronte Hezbollah segue la stretta dell’inchiesta giudiziaria contro Netanyahu, inseguito da tempo dalla magistratura israeliana che gli accredita vari illeciti.
Tanto che Yoel Hasson, presidente del gruppo dell’Unione sionista, all’opposizione in Parlamento, ha accusato il premier di aver avviato l’operazione nel “tentativo di distogliere l’attenzione” dai suoi guai giudiziari.
Difficile che accuse del genere riescano a scalfire Netanyahu, anche perché l’esercito ha replicato di aver pianificato da tempo l’operazione-hezbollah.
Resta da vedere come evolverà la situazione. Se cioè il premier israeliano si accontenterà di un successo politico, che appare indubbio già ora, oppure vorrà tentare un successo militare, prospettiva a rischio catastrofe.
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