8 Giugno 2017

Omran o della fake news

Omran o della fake news
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Qualcuno ricorderà il piccolo Omran: è il bambino immortalato nella foto di sinistra. Una immagine che ha fatto il giro del mondo, attirando l’ignominia sul regime siriano, colpevole di aver bombardato la sua casa. Uno foto diventata presto il simbolo degli orrori commessi dal regime siriano in danno della popolazione civile di Aleppo.

 

La foto a destra, invece, lo immortala in buona salute, come altri video  circolati in questi giorni, che lo ritraggono allegro in braccio al padre. Il padre che ha denunciato la montatura di allora, quando i caschi bianchi, l’ong che ha vinto un oscar per l’attività umanitaria in Siria, arrivarono sul luogo bombardato e lo trassero fuori dalle rovine per piazzarlo nell’ambulanza e fotografarlo.

 

Il padre oggi afferma che tutto fu fatto contro la sua volontà, per ragioni di propaganda. Una propaganda in linea con la narrazione ufficiale diffusa dai media mainstream, nella quale i cosiddetti ribelli sono campioni di libertà che si battono contro un regime tirannico.

 

Invece per il padre di Omran è tutt’altro: sono i cosiddetti ribelli la rovina della Siria. Non solo: ha pure messo in discussione la paternità dell’attacco che ha devastato la sua casa, affermando di non aver sentito alcun rumore di aereo allora, anche questo in contrasto con la narrazione ufficiale.

 

Nessun rumore, quindi il colpo poteva provenire da un mortaio oppure si poteva trattare di una bombola esplosiva (di quelle in uso ai ribelli, il cui arrivo è alquanto silenzioso). Ma al di là del dettaglio, resta il contrasto con le affermazioni dell’opposizione siriana di allora.

 

Non solo quelle: il padre del piccolo ha affermato che l’opposizione gli aveva proposto un lauto compenso se avesse accettato di fare un video contro il regime. Cosa che lui rifiutò.

 

Le nuove immagini di Omran non hanno conosciuto le prime pagine dei giornali occidentali, come avvenne allora. A dire il vero neanche le seconde in Italia, perché la vicenda è stata alquanto silenziata, a parte eccezioni.

 

Nel riportare la notizia, il New York Times è sicuro che il padre non sia libero di parlare perché intervistato da una televisione di regime. Una obiezione che non tiene conto del fatto che gli abitanti di Aleppo hanno scelto volontariamente da che parte stare durante la conquista della città ad opera delle truppe di Assad.

 

Poteva andar via, come tanti altri, seguendo i cosiddetti ribelli, ai quali Damasco ha assicurato vie di fuga. Invece è rimasto.

 

Altri ancora hanno obiettato che nessun giornalista occidentale può riscontrare la storia, dal momento che è impossibile incontrare la famiglia.

 

Un’obiezione che può essere superata facilmente, dal momento che la portavoce del ministero degli Esteri russo, María Zajárova, ha invitato la celebre giornalista della Cnn Christiane Amanpour, che allora cavalcò non poco la vicenda contro Assad, a incontrare il padre del ragazzo e Omran stesso (che nel frattempo sono stati minacciati dai miliziani anti-Assad, evidentemente terrorizzati dal disvelamento della fake news).

 

 

 

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