4 Agosto 2023

Il presidente della Nigeria chiede di invadere il Niger

Il presidente della Nigeria
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Il presidente della Nigeria Bola Tinubu ha chiesto al Senato l’autorizzazione a invadere il Niger per deporre la giunta militare che ha preso il potere una settimana fa.

Una follia che costerà altro sangue all’Africa. Il governo nigerino ha già detto che è pronto a difendersi e con esso si sono schierati Mali e Burkina Faso. Se il passo di Tinubu avrà un seguito, si preannuncia una guerra su larga scala nel continente.

Ai tempi della Guerra Fredda, Urss e Stati Uniti hanno dato vita a diverse guerre per procura in Africa. Quella che si prospetta è una guerra per procura analoga, perché Tinubu sembra che si muova per difendere gli interessi di Francia e Stati Uniti, inferociti per l’imprevisto rovescio del loro protetto Mohamed Bazoum.

Quest’ultimo oggi ha anche firmato uno stranissimo articolo pubblicato sul Washington Post dal titolo: “Presidente del Niger: Il mio paese è sotto attacco e sono stato preso in ostaggio”.

Aggressori e aggrediti

Un articolo che, fin dal titolo (che riecheggia tematiche usati per l’11 settembre), sembra scritto da qualche funzionario del Dipartimento di Stato, sia per i toni che per le argomentazioni, e nel quale, soprattutto, non dice mai ai suoi interlocutori d’Occidente di evitare un intervento armato contro il suo Paese, pur sapendo che sarebbe un bagno di sangue e perseguire vie diplomatiche.

Tale disprezzo per la vita dei suoi connazionali rivela tanto della persona e non ne fa rimpiangere la rimozione. Va da sé che il suo intervento sulla stampa estera evidenzia anche che, nonostante si atteggi a “ostaggio”, non soffre di particolari restrizioni, condividendo, in questo, la nuova libertà di cui possono godere i nigerini, non più sottoposti a un regime di coprifuoco (usuali in tutti i golpe africani, ai quali peraltro erano solite seguire rappresaglie, non registrate in Niger).

Quanto potrebbe avvenire in Niger riecheggia qualcosa di molto familiare, cioè quanto accaduto in Ucraina (tralasciando torti e ragioni e stando solo alla nuda cronaca): nel 2014 in Ucraina c’è stato un golpe, al quale è seguito, dopo anni di guerra aperta e non nel Donbass, l’invasione russa.

Altra analogia, le manifestazioni di piazza che hanno accompagnato il golpe a sostegno dei nuovi padroni del vapore, manifestazioni che si sono registrate, affollate, anche in Niger, solo che lì erano bandiere Ue e Usa, qui russe.

Ciò dà modo di ricordare che un refrain ossessivo della guerra ucraina, servito per tacitare il dissenso, è stato quello della ineludibile distinzione tra aggressore e aggredito. Un refrain che, applicato al caso nigerino, vedrebbe, nel  caso si concretizzasse l’intervento armato, degli aggressori, la Nigeria e i suoi alleati, e un aggredito, il Niger.

La diversità sta tutta nella narrazione, cioè il golpe di Maidan è stato raccontato come una rivoluzione contro un regime oppressivo, quello nigerino come un golpe contro un governo illuminato (forse dalle radiazioni, dal momento che ha lasciato in eredità al Paese 20 milioni di tonnellate di detriti provenienti dalle cave di uranio…).

L’approccio muscolare dell’Occidente

Resta che la contemporaneità tra l’articolo di Bazoum sul Washington Post e la decisione del presidente nigeriano di chiedere l’autorizzazione a un intervento armato non appare affatto casuale.

Da quando c’è stato il colpo di Stato nessun leader della Ue o negli Stati Uniti ha detto una sola parola in favore della diplomazia, da cui si deduce che l’unica soluzione immaginata per la crisi è la resa dei reprobi o l’uso della forza.

Al contrario Russia e Cina, pur chiedendo il ripristino della legalità, hanno esortato a una soluzione politica della crisi.

Ma lo sfoggio muscolare d’Occidente rende la guerra una prospettiva reale (inutile ricordare che il flusso di migranti arriverà al parossismo). E ciò non solo perché l’Occidente reputa inaccettabile perdere la presa sul Niger, ma anche per aprire una nuova stagione africana.

Il punto è che in questi tempi dominati dalla guerra ucraina i Paesi africani hanno dirazzato dalle direttive dei loro vecchi padroni, rimasti ai loro posti di comando, seppure indiretto.

Così la guerra portata a uno dei Paesi più poveri del mondo, se ci sarà, sarà anche un simbolo della nuova determinazione dell’Occidente a contrastare questo vento di libertà, che ha nella Russia un punto di riferimento naturale, quasi obbligato, solo perché potenza antagonista al cosiddetto ordine basato sulle regole che ha reso l’Africa un continente depredato.

Non si tratta di magnificare la Russia, solo di ricordare le tragiche ferite inflitte all’Africa nei secoli recenti, non certo da Mosca, e registrare come il conflitto tra potenze e il contrasto alla prospettiva di un mondo multipolare rischia di precipitare il continente dimenticato in un altro e più oscuro abisso.