22 Aprile 2016

Prodi, le sanzioni alla Russia e la Turchia

Prodi, le sanzioni alla Russia e la Turchia
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Le sanzioni contro la Russia di Putin? «Riusciamo a far la pace in Siria senza di lui? Evidentemente no. Mentre l’emigrazione di lungo periodo l’avremo sempre fra noi, il flusso tragico che oggi fatichiamo a gestire è conseguenza della guerra». Così Romano Prodi in un’intervista al Corriere della Sera del 22 aprile.

 

L’ex presidente della Ue prosegue spiegando che togliere le sanzioni alla Russia non sarebbe un segno di debolezza, in quanto queste «debbono essere efficaci non solo quando si applicano ma anche quando si tolgono. E toglierle alla Russia oggi può avere un’efficacia poliltica maggiore. C’è in gioco il problema dei rapporti di lungo periodo con Mosca, rapporti che sono indispensabili per il futuro russo e il futuro europeo. Ricordo che la Germania, leader delle sanzioni con la Russia, ha concluso col North Stream il più grande contratto nel settore dell’energia con Mosca».

 

Interessante anche il cenno sull’accordo con la Turchia riguardo i migranti voluto dalla Merkel: un «accordo al ribasso», del quale si comprende la ragione «solo quando ci viene detto che Ankara davvero possiede l’unica arma nucleare: un milione e mezzo di profughi che può riversare immediatamente verso l’Europa».

 

Nota a margine. Se il confronto tra Mosca e Occidente non si placa, non si risolverà la tragedia siriana. Anche perché la Turchia sta tentando di tutto per far saltare il tavolo dei negoziati di Ginevra, dal momento che non rinuncia al regime-change in Siria che sta tentando da anni. Tanto che nell’ultima settimana, mentre in Svizzera si tentavano le vie del negoziato, ha permesso l’ingresso in territorio siriano di altri 5 mila jihadisti.  

 

Il mattatoio siriano e iracheno sta producendo migranti in quantità industriale. Che la Turchia sta usando per ricattare l’Europa. Cedere a questo ricatto, come ha fatto la Ue, se da una parte frena il flusso di migranti verso il Vecchio continente, dall’altra ne produce altri. È un ciclo perverso che alla lunga renderà obsoleto anche quell’accordo con Ankara con il quale Berlino immagina di aver risolto il problema.

 

Nel frattempo Ankara va all’incasso più volte. Da una parte si mette in tasca i soldi della Ue per gestire un’emergenza da lei stessa creata, dall’altra può contare sulle connivenze europee per continuare ad alimentare una guerra che, oltre a guadagnargli influenza in Siria e Iraq, le consentirà di accrescere il potenziale di quella bomba umana che sta usando con perizia magistrale.

 

Non è un grande momento per l’Europa. D’altronde quando sono stati i tedeschi a menare le danze nel Vecchio Continente c’è sempre stato qualche problema… 

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