31 Dicembre 2019

Putin: un fine anno con i fuochi d'artificio

Putin: un fine anno con i fuochi d'artificio
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Putin finisce l’anno con i fuochi d’artificio, con mosse che mettono in evidenza un attivismo nuovo. Ma andiamo per ordine.

In una conversazione telefonica con la Merkel ha concordato la prosecuzione dei lavori del Nord Stream 2 fino al suo completamento. Il gasdotto, che porterà gas russo in Germania, è un’asse portante della geopolitica globale, dato che collegherà le risorse energetiche russe alle industrie tedesche.

Da qui il contrasto di Washington, che paventa un collegamento non più reversibile tra i due Paesi, a dispetto delle sanzioni contro Mosca che ultimamente miravano ad allontanare la Russia dall’Europa.

Il Nord Stream 2 e Trump

Un contrasto concretizzato attraverso recenti sanzioni contro quanti lavorano al gasdotto, dopo reiterati, quanto vani, moniti alla Germania perché desistesse.

Da qui l’importanza della telefonata Putin-Merkel, nella quale la Merkel si è impegnata ad andare avanti. Un’insubordinazione in piena regola, che certo risulterà indigesta a Washington.

Peraltro, oltre al danno geopolitico, gli Usa subiscono un danno economico, dato che avevano chiesto a Berlino, come al resto dell’Europa, di preferire il gas americano, anche se più costoso, a quello russo.

Certo, le nuove sanzioni allungheranno i tempi, ma non più di tanto; russi e tedeschi hanno fretta di chiudere per mettere Washington di fronte al fatto compiuto.

Negli stessi giorni, Putin ha telefonato a Trump, ringraziandolo per la “soffiata” dei servizi segreti americani che ha impedito attentati a San Pietroburgo. Ne abbiamo scritto in altra nota, accennando come la chiamata abbia rilanciato il tacito legame tra i due.

Questo il tweet di Trump a commento: “Sono stati in grado di catturare rapidamente i sospetti, molte vite salvate. Grande e importante coordinamento [con Mosca]!”

La telefonata con Zelensky

Se abbiamo accennato alla telefonata Trump-Putin è anche perché il 31 dicembre il presidente ucraino Volodimir Zelensky ha telefonato al suo omologo russo, un passo distensivo dopo il conflitto che ha opposto Kiev alle repubbliche del Donbass sostenute da Mosca.

L’iniziativa dà seguito al vertice “formato Normandia” che si è svolto recentemente a Parigi – presenti, oltre a Putin e Zelensky, Macron e la Merkel – per riavviare gli accordi di Minsk che avevano chiuso la guerra ucraina.

Da notare che in questo momento l’Ucraina è al centro del vortice che cerca di risucchiare il presidente americano nell’abisso, dato che proprio su una telefonata tra il presidente Usa e quello ucraino si sta giocando l’impeachement contro Trump.

L’accesa controversia ha impedito a Trump di proseguire l’opera di mediazione tra Russia e Ucraina, sulla quale si era speso pubblicamente (Piccolenote).

Se Zelensky ha telefonato a Putin è evidente che sa che l’iniziativa non comporta la fine dei suoi rapporti con gli Usa. Nonostante tanti in America siano contrari alla distensione tra i due Paesi, sa di poter contare sull’implicito sostegno di Trump. Il triangolo Trump-Putin-Zelensky continua così a macinare, anche se sottotraccia.

Nel report del Cremlino, in cui si legge che Putin ha rassicurato Zelensky sulla fornitura di gas russo a Kiev, vitale per quest’ultima, si accenna che la telefonata “crea uno scenario favorevole per la risoluzione di altri problemi bilaterali”, relativi alla dialettica tra Kiev e il Donbass. Un passo avanti, insomma.

Putin in Corea del Nord

Putin in Corea del Nord

Si segnala, infine, che il Cremlino ha reso pubbliche alcune fotografie inedite di Putin. Solo pubbliche relazioni, certo, volte a mostrare un volto meno compassato del presidente russo.

E però tra queste foto ce n’è una che sembra avere un significato più profondo. Immortala Putin in una visita in Corea del Nord del 2000, mentre stringe mani alla folla.

Si tenga conto che Trump ritiene che la pace con Pyongyang sia importante, un successo che vuole ostentare agli elettori in vista delle presidenziali del 2020.

Un’idea contrastata, come evidenzia la critica dell’ex Consigliere alla sicurezza nazionale Usa John Bolton, che vede la crisi coreana risolvibile solo a suon di bombe (Wall Street Journal).

La critica di Bolton è arrivata il 23 dicembre, probabilmente in previsione del “regalo di Natale” promesso dai nordcoreani, cioè il lancio di un missile intercontinentale: un’iniziativa che avrebbe confermato la sua tesi che non c’è possibilità di mediazione con Pyongyang.

Un “regalo di Natale” temuto da Trump, dato che avrebbe posto fine alle sue speranze, tanto che ha eluso le domande sul punto (Rainews).

Il “regalo” è stato evitato grazie al pressing convergente di Russia e Cina su Pyongyang e sulle Nazioni Unite, volto a far revocare le sanzioni imposte alla Corea del Nord (Reuters).

La foto di Putin che stringe le mani ai nordcoreani non sembra allora una scelta casuale. Pare infatti alludere sia al recente passato – lo scampato pericolo -, sia al prossimo futuro. Vuole cioè ribadire che Mosca può giocare un ruolo nella controversia nordcoreana.

D’altronde Trump lo sa perfettamente, tanto che aveva chiesto aiuto a Putin per risolverla (Il Giornale). Né è casuale che alle celebrazioni per la vittoria sul nazismo (9 maggio 2020) Putin abbia invitato sia Trump che il presidente nordcoreano Kim Jong-un…