30 Maggio 2020

La rivoluzione colorata si abbatte sulla Casa Bianca

La rivoluzione colorata si abbatte sulla Casa Bianca
Tempo di lettura: 3 minuti

Trump parla con la famiglia di George Floyd, l’afroamericano ucciso da un agente di polizia di Minneapolis, e spiega il senso del tweet che i gestori del social hanno bollato come incitamento alla violenza.

Due mosse intelligenti, finalmente, da parte del Presidente, al quale la tempesta perfetta che gli si è scatenata contro – coronavirus, crisi economia, etc. – ha fatto perdere la consueta lucidità, che normalmente usa mascherare dietro atteggiamenti da guitto.

Trump il “razzista”

La narrazione ufficiale ha fatto di tutto per descrivere Trump come connivente con la polizia razzista e assassina di Minneapolis – generalizzazione peraltro indebita, dato che il Capo della polizia della città è afroamericano -, nonostante da subito avesse dichiarato che l’omicidio di Floyd avrebbe avuto “pronta giustizia“.

Nel tentativo di smarcarsi dalla narrazione che gli è stata cucita addosso, il presidente ha chiamato la famiglia Floyd per esprimere la propria partecipazione per la tragica ingiustizia subita. Conversazione telefonica avvenuta mentre il poliziotto assassino veniva arrestato, con tempismo che non lascia adito a equivoci.

E, in combinato disposto, ha spiegato il tweet bollato come incendiario, quello nel quale scriveva “quando inizia il saccheggio si inizia a sparare”.

Quel tweet non faceva riferimento a un’eventuale repressione violenta della polizia, ha spiegato Trump, ma voleva semplicemente mettere in evidenza che la violenza di piazza scatenata da facinorosi, che stanno attirando vasto seguito a giudicare dai video, avrebbe portato a sparatorie, come avvenuto ad esempio a Louisville, dove sono state uccise già 7 persone (un’altra è stata uccisa a Minneapolis).

In realtà era ovvio che quel tweet volesse esortare i manifestanti a evitare la violenza, dato che terminava con “Grazie”, conclusione del tutto incongrua per un tweet intimidatorio.

Twitter avrebbe potuto chiedere spiegazioni prima di emanare la sua condanna, ma così non ha fatto, dato che il suo tribunale non ammette diritto di difesa o replica, strano tribunale per un social che dice di avere nei valori della democrazia i suoi fondamenti.

La condanna di Twitter, che si è autoproclamato non solo Tribunale globale in grado di condannare persone e comunità, ma anche arbitro ultimo della veridicità dell’informazione – un ruolo che dovrebbe allarmare chiunque abbia a cuore la democrazia – ha avuto un effetto dirompente.

Ha praticamente condannato all’oblio la pronta condanna di Trump dell’omicidio di Floyd e ha infiammato l’ira della piazza contro il presidente (peraltro ritagliandosi un indebito ruolo di protagonista della politica Usa).

Twitter e i conflitti sociali

Colpisce anche che le proteste di massa, oltre che dilagare nelle città, seminando caos e distruzione, siano indirizzate su obiettivi mirati: tre distretti di polizia assaltati a Minneapolis, manifestazione davanti alla Casa bianca (che ha dovuto chiudere per qualche ora), assalto alla sede centrale della Cnn ad Atlanta

Sembra di vedere un film già visto di recente, nelle manifestazioni di massa avvenute in Iran e Iraq nel novembre-dicembre dello scorso anno, dove appunto i manifestanti hanno colpito obiettivi ben precisi, strategici.

Al tempo, riportammo uno studio della Rand Cororation, “Swarming & The Future of Conflict”, sullo “sciame” come modalità di conflitto particolarmente efficace nell’era di internet e di grande efficacia se applicato al conflitto sociale.

Abbiamo già citato passi della presentazione di tale studio, lo citiamo di nuovo (repetita iuvant): “Lo sciame sta già emergendo come una dottrina adatta alle forze della rete per condurre conflitti nell’era dell’informazione”.

“Questa dottrina nascente si basa sul fatto che una solida connettività consente la creazione di una moltitudine di piccole unità di manovra, collegate in modo tale che, sebbene ampiamente distribuite, possono riunirsi, a volontà e ripetutamente, per affondare colpi micidiali ai loro avversari”.

“Lo sciame è una modalità di conflitto adatta a unità piccole, disperse, ‘internettizzate’. A nostro avviso, lo sciame sarà probabilmente la guerra del futuro”. Tale modello si applica perfettamente “al conflitto sociale“.

Queste righe potrebbero peraltro mettere sotto una nuova luce la guerra di Twitter contro Trump. E di sfuggita, può essere di qualche ausilio ricordare che Twitter ebbe un ruolo notevole nella Primavera araba, che nel 2011 ebbe a rovesciare diversi governi in giro per il mondo.

Non si tratta di far luce su chissà quale complottone: è una banale lotta politica quella che si sta consumando in America. Banale, ma feroce, dato che la posta in palio è altissima e riguarda il destino prossimo venturo della Superpotenza globale e delle élite che governano il mondo. Ovvio che in tale scontro politico vengano usati tutti i mezzi, compresi quelli utilizzati normalmente in altre latitudini.

 

Ps. La rivoluzione colorata, espressione che si attaglia perfettamente a una protesta contro la discriminazione basata sul colore della pelle, cade con un tempismo perfetto: l’America, sotto la spinta di Trump, era appena uscita dal Lockdown e si preparava a un ritorno alla normalità, seppur molto impoverita. Normalità che gli è così negata.

PPs. Nel tentativo di rilanciarsi, Trump torna a colpire la Cina con nuove sanzioni e minaccia di revocare lo status speciale di Hong Kong. Mosse, queste, non particolarmente intelligenti: l’inquilino della Casa Bianca, oltre che dei nemici, dovrebbe imparare a diffidare anche dei suoi strani consiglieri… ci torneremo.

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