13 Dicembre 2018

Strasburgo: Terrore senza rivendicazione

Strasburgo: Terrore senza rivendicazione
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Due giorni dopo l’attentato a Strasburgo è ancora aperta la caccia al killer. Detto questo, mentre sappiamo tutto sul presunto attentatore, Cherif Chekatt, e sulle vittime, restano ancora domande inevase.

L’attentato di Strasburgo

La televisione francese LCI riporta la ricostruzione ufficiale, secondo la quale l’uomo, penetrato inspiegabilmente armato nel centro di una città praticamente blindata (così il sindaco di Strasburgo), inizia la sua opera omicida in rue des Orfèvres, quindi percorre le vie del centro continuando a sparare e a pugnalare.

Solo dopo dieci minuti si imbatte in una pattuglia della polizia, alla quale spara e che risponde al fuoco.

Ferito a un braccio, riesce ugualmente a dileguarsi prendendo un taxi. Il tassista racconterà di averlo lasciato nel quartiere di Neuhof, dove, verso le 22, l’uomo si imbatte in un’altra pattuglia di polizia, con la quale ha un altro scontro a fuoco prima di  fuggire nuovamente.

Ora è ricercato un po’ dappertutto. La ricostruzione indica una persona molto ben addestrata, altrimenti non avrebbe potuto sfuggire a due scontri a fuoco con agenti della sicurezza in superiorità numerica.

Non risulta che il ricercato sia stato addestrato: era attenzionato dall’intelligence, la sua scheda segnaletica è ormai pubblica e non riporta nulla in proposito.

Né si tratta di un pazzo, un kamikaze per intendersi. Non ha sacrificato la sua vita come altri, ma è fuggito. Ben addestrato e lucido, dunque.

Infine, c’è da notare un silenzio assordante, che lo strabordante fiume di notizie su quanto avvenuto a Strasburgo fa obliare: a distanza di due giorni nessuna Agenzia del Terrore ha rivendicato l’attacco.

Magari la rivendicazione arriverà più tardi, come marchio di fabbrica sull’operazione. Ma ad oggi niente di niente. Bizzarro: in genere Isis e al Qaeda son soliti rivendicare un po’ di tutto.

L’attentato e i gilets gialli

I giornali mainstream sembrano più presi a ridicolizzare e stroncare la pista complottista, che immagina la strage perpetrata per contrastare le proteste dei gilets gialli, che a raccontare quel che è accaduto e sta accadendo.

Le dinamiche dell’attentato, come altre volte, restano infatti alquanto fumose. Non si capisce bene, ad esempio, come l’uomo abbia potuto entrare armato e imperversare indisturbato per dieci minuti nel cuore blindato di una città tanto cruciale per l’Europa (c’è l’europarlamento).

Resta infine aperta la querelle dei gilets gialli. Dopo l’attentato i portavoce hanno affermato che le proteste sarebbero continuate: “La determinazione dei gilets gialli resta intatta dopo Strasburgo”, titola ad esempio La Presse.

Non sembra dunque che il movimento abbia raccolto l’appello del governo, che ha chiesto di dismettere le proteste.

Va ricordato che l’attentato è avvenuto il giorno dopo il discorso alla nazione di Macron sulle richieste del movimento.

Un tempismo che ovviamente ha alimentato le interpretazioni volte a leggere i fatti come una sorta di strategia della tensione in salsa transalpina, che l’invito a cessare le proteste rischia di supportare ulteriormente.

Ma al di là, sfortuna ha voluto che stanotte un ragazzo dei gilets gialli sia morto, travolto da un camion a un posto di blocco, uno dei tanti sbarramenti alzati per protesta in giro per la Francia.

Salgono così a sei i morti dei gilets gialli (vedi Le Point). E sei morti son davvero tanti. Protesta invero sfortunata.

La Francia è Paese rivoluzionario, ma anche di Terrore, come fu denominata la fase involutiva della rivoluzione francese.

Pare che anche oggi rivoluzione e Terrore si stiano intrecciando attraverso vie misteriose tutte da decifrare.

 

 

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