17 Agosto 2022

Usa: la follia di ripetere sempre gli stessi errori

Usa: la follia di ripetere sempre gli stessi errori
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Thomas Woodrow Wilson

“L’egemonia americana è ancora in vita. E gli specialisti di terapia intensiva stanno ancora cercando di rianimare il paziente. La famiglia e gli amici dicono che sta ancora lottando. Tuttavia, i becchini di questo ordine morente sono già arrivati ​​e si trovano appena fuori dalla porta: uno si chiama Russia e l’altro Cina”. Inizia così un divertente, quanto intelligente, articolo di Jim Fitzgerald su Antiwar, del quale riportiamo ampi stralci.

La Forza vi farà liberi

“Come ha osservato John Mearsheimer  – scrive Fitzgerald – il momento unipolare successivo alla caduta dell’ex Unione Sovietica è stato un periodo storico assolutamente unico. In quel momento, e per i successivi 30 anni, l’America era l’unica superpotenza rimasta in piedi. La visione di Thomas Woodrow Wilson di democratizzare il mondo si è rivelata una tentazione irresistibile per le élite che guidano la politica estera occidentale. Così gli evangelisti di questo nuovo ordine mondiale si sono proposti di diffondere la democrazia in tutta l’Asia orientale, l’Europa orientale, il Medio Oriente e il Nord Africa”.

“Hanno usato l’architettura fondata sulle istituzioni nate durante la Guerra fredda (l’ONU, la NATO, l’Unione europea, la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e l’Organizzazione mondiale del commercio) per diffondere i valori liberali e per ‘associare tutti al capitalismo’”.

“Accecati dal loro stesso idealismo, non potevano immaginare che qualcuno avrebbe rifiutato un’offerta tanto generosa. Dopotutto, come si vantava spesso il presidente George W. Bush, ‘la libertà è nel cuore di ogni individuo’. In altre parole, data l’opportunità offerta, tutti avrebbero scelto naturalmente di essere liberi. Tale idea è un’eco del detto del presidente Wilson: ‘Il mondo deve essere messo al sicuro tramite la democrazia [enfasi mia]'”.

“La dottrina Wilson, tuttavia, va interpretata alla luce del pensatore francese Jean-Jacques Rousseau. Rousseau riteneva che ‘l’uomo nasce libero, ma ovunque è in catene’. Tuttavia, per Rousseau, la condizione umana è tale che gli uomini non sempre sono coscienti di cosa è bene per loro. Quindi, devono essere costretti a essere liberi da altri che lo sanno meglio di loro. Come ha affermato Rousseau, ‘Chiunque si rifiuta di obbedire alla volontà generale, sarà costretto a farlo da tutto il resto del corpo; questo significa semplicemente che sarà costretto a essere libero'”.

“Non è mai stata scritta una frase più precisa per descrivere l’essenza della politica estera americana dell’era post Guerra Fredda. L’America si è dedicata costantemente alla missione violenta volta a costringere gli uomini a essere liberi; eppure questi restano incatenati”.

L’America di guerra e di governo

“Non abbiamo bisogno di guardare oltre l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia, la Siria, lo Yemen e l’Iran, per vedere i fallimenti della politica estera americana. Non solo, le élite che guidano la politica estera americana sembrano incoraggiate dai loro fallimenti perché stanno tentando le stesse stanche politiche in Ucraina e Taiwan”.

“La visita della presidente Pelosi a Taiwan e la lettera di Mitch McConnell e altri 25 senatori a sostegno della sua iniziativa sono l’ultimo esempio della politica fondata sulla provocazione propria dell’ordine liberale”.

“Dovrebbe essere ovvio a chiunque vi presti attenzione che, piuttosto che prevenire le guerre, l’egemonia americana crea guerre dove non ce ne sono. In effetti, l’America è stata in guerra per tutta l’era unipolare, e la Pelosi, e gli altri con lei, sembrano voler provocare un’altra guerra”.

“Ma le cose stanno cambiando e cambiando velocemente. La Russia non è più la nazione debole e anemica di 30 anni fa e la Cina non è lo stesso paese povero del secondo Dopoguerra. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha messo in guardia il progetto egemonico americano e ha disvelato gli obiettivi espansionistici di istituzioni come la NATO”.

“Questo è il motivo per cui quasi tutti gli esponenti della politica estera di stanza a Washington, i capi delle istituzioni internazionali e i think tank stanno diventando apoplettici. Il loro ordine sta crollando e le loro decisioni e le le loro azioni appaiono dettate dalla disperazione”.

“Sfortunatamente non vi è alcun segno che questi politici siano disposti a cambiare rotta. Sono esempi viventi della definizione di follia data da Einstein: ‘Fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi’. Appaiono del tutto incapaci di uscire da una mentalità che, in termini di politica estera, ha già fatto il suo corso”.

Quindi Fitzgerald conclude spiegando che l’unica via di uscita è tornare a una politica estera basata sul realismo nel quadro di un equilibrio di potere tra potenze.

Kissinger, la diversità di valori e il senso del limite

In una recente intervista, Kissinger declina le due regole base di tale realismo. Anzitutto “l’accettazione della legittimità di valori talvolta contrastanti. Infatti, se credi che il fine ultimo di ogni tua azione debba essere l’imposizione dei tuoi valori, allora l’equilibrio, secondo me, diventa impossibile”. Regola aurea tanto disattesa.

L’altra regola “è l’equilibrio nei comportamenti, il che significa che esistono limiti all’esercizio delle proprie competenze e del proprio potere in relazione a ciò che è indispensabile all’equilibrio complessivo”. Tale senso del limite è fuori dall’orizzonte della politica estera Usa, conseguenza del delirio di onnipotenza conseguente al crollo dell’Unione Sovietica.

Il vacillare delle certezze pregresse porta l’America ad agire d’istinto, spiega ancora Kissinger, senza una visione strategica; il che sta portando il mondo sull’orlo di una guerra con Russia e Cina “per questioni che in parte abbiamo creato noi stessi, senza nessuna idea precisa di come andrà a finire”.

Una situazione resa ancor più difficile perché si è perso il fondamento del dialogo, strumento indispensabile per cercare compromessi. Infatti, spiega Kissinger, gli americani vedono “i negoziati in termini missionari […] cercando di convertire o di condannare i loro interlocutori invece di approfondirne e capirne la mentalità”.

Una lezione di politica che spiega perfettamente la follia e i rischi del momento.

 

 

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