27 Aprile 2014

Notes, 26 aprile 2014

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Vedere per credere. Sul messalino della Domenica, quello che viene distribuito ai fedeli nelle parrocchie, si dava, giustamente, molta enfasi alla frase di Gesù: «Beati quelli che non hanno veduto e hanno creduto». Una frase che viene interpretata da un autore scelto dal messalino domenicale, prima pagina, con questa frase: «questa è la fede, la beatificazione di colui che crede senza aver visto, ma crede perché sperimenta che il Signore lo ama». Frase poco chiara, dal momento che sembra affermare che il vedere, lo sperimentare con i propri occhi – non gli occhi della fede, ma gli occhi fisici – le meraviglie del Signore, non abbia alcun valore nel cristianesimo.

Una vaghezza che sembra essere riecheggiata nell’introduzione della Preghiera dei fedeli: «Fratelli e sorelle, il Signore ha proclamato beati coloro che credono senza aver visto. Nella pace e nella gioia che derivano da questa consapevolezza, preghiamo per tutti gli uomini…».

Eppure Gesù, ai suoi che chiedevano chi fosse, aveva risposto semplicemente: «Venite e vedrete». Ché l’uomo non può che partire se non da ciò che vede e tocca. D’altronde, per far credere ai suoi che era risorto, Gesù ha scelto di farsi vedere in carne e ossa – (ha pure mangiato con loro, lui che probabilmente non ne aveva più bisogno…) non altro (avrebbe potuto annunciare la resurrezione attraverso un fuoco dal quale un voce misteriosa rassicurava i discepoli su quanto accaduto, un po’ come accaduto a Mosé, et similia).

Sul tema c’è un vecchio articolo pubblicato sul mensile 30giorni, nel quale il grande esegeta padre Ignace De la Potterie prende in esame la vecchia traduzione del passo evangelico, che era al presente (“Beati coloro che credono, pur senza aver visto”), e la nuova traduzione, ovvero quella letta domenica. Lo riportiamo perché è davvero bellissimo e, a quanto pare, di certa attualità:

 

«Due aspetti ci preme mettere in rilievo: anche in questa versione riveduta, le parole di Gesù vengono tradotte con un’imprecisione, rispetto all’originale greco. E tale imprecisione viene di fatto utilizzata per confermare con l’autorità del Vangelo un’impostazione che sembra prevalente nella Chiesa di oggi: l’idea che la vera fede sia quella che prescinde totalmente dai segni visibili. L’errore di traduzione a cui pensa di poter appoggiarsi tale interpretazione, che di fatto travisa il passo evangelico, consiste nel tradurre al presente il rimprovero di Gesù: “Beati coloro che credono, pur senza aver visto”. In questo modo le parole vengono trasformate in una regola di metodo valida per tutti coloro che vivono nei tempi successivi alla morte e risurrezione di Gesù. E infatti la nota spiega che solo per i contemporanei di Gesù “visione e fede erano abbinate”, mentre per tutti coloro che vengono dopo, “la normalità della fede poggia sull’ascolto, non sul vedere”. Secondo questa interpretazione sembra quasi che Gesù si opponga al naturale desiderio di vedere, chiedendo a noi una fede fondata solo sull’ascolto della Parola. In realtà, qui il verbo non è al presente, come viene tradotto. Nell’originale greco il verbo è all’aoristo (πιστεύσαντες), anche nella versione latina era messo al passato (crediderunt). “Tu hai creduto perché hai visto” – dice Gesù a Tommaso – “beati coloro che senza aver visto [ossia che senza aver visto me, direttamente] hanno creduto”. E l’allusione non è ai fedeli che vengono dopo, che dovrebbero “credere senza vedere”, ma agli apostoli e ai discepoli che per primi hanno riconosciuto che Gesù era risorto, pur nell’esiguità dei segni visibili che lo testimoniavano. In particolare il riferimento indica proprio Giovanni, che con Pietro era corso al sepolcro per primo dopo che le donne avevano raccontato l’incontro con gli angeli e il loro annuncio che Gesù Cristo era risorto. Giovanni, entrato dopo Pietro, aveva visto degli indizi, aveva visto la tomba vuota, e le bende rimaste vuote del corpo di Gesù senza essere sciolte, e pur nell’esiguità di tali indizi aveva cominciato a credere. La frase di Gesù “beati quelli che pur senza aver visto [me] hanno creduto” rinvia proprio al “vidit et credidit” riferito a Giovanni al momento del suo ingresso nel sepolcro vuoto. Riproponendo l’esempio di Giovanni a Tommaso, Gesù vuole indicare che è ragionevole credere alla testimonianza di coloro che hanno visto dei segni, degli indizi della sua presenza viva. Non è la richiesta di una fede cieca, è la beatitudine promessa a coloro che in umiltà riconoscono la sua presenza a partire da segni anche esigui e danno credito alla parola di testimoni credibili. L’imprecisione introdotta dai traduttori riguardo al tempo dei verbi usati da Gesù è servita a cambiare il senso delle sue parole e a riferirle non più a Giovanni e agli altri discepoli, ma ai credenti futuri. È passata così inconsapevolmente l’interpretazione del teologo esegeta protestante Rudolf Bultmann, che traduceva i due verbi del passo al presente (“Beati coloro che non vedono e credono”) per presentarla “come una critica radicale dei segni e delle apparizioni pasquali e come un’apologia della fede privata di ogni appoggio esteriore” (Donatien Mollat). Mentre è esattamente il contrario. Ciò che viene rimproverato a Tommaso non è di aver visto [nel senso di aver voluto vedere ndr.] Gesù. Il rimprovero cade sul fatto che all’inizio Tommaso si è chiuso e non ha dato credito alla testimonianza di coloro che gli dicevano di aver visto il Signore vivo. Sarebbe stato meglio per lui dare un credito iniziale ai suoi amici, nell’attesa di rifare di persona l’esperienza che loro avevano fatto. Invece Tommaso ha quasi preteso di dettare lui le condizioni della fede».

 

Nota a margine. Da quest’anno la Onlus ONLUS Associazione Culturale e di beneficienza San Callisto può ricevere il cinque per mille. Come detto nella sezione Donazioni, oltre a servire per le necessità del sito Piccolenote, è nata anche per realizzare piccole opere di carità. Così, chi non avesse altre destinazioni per il cinque per mille, può destinarlo a questa associazione. Nessun euro andrà sprecato, di questo possiamo dare assicurazione.

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