20 Aprile 2021

La Lega dei Paperoni del calcio

di AA.VV
La Lega dei Paperoni del calcio
Tempo di lettura: 4 minuti

L’arroganza del potere desta sempre riprovazione, quando ostentata, e con riprovazione raddoppiata quando ciò accade in ambito sportivo.

12 squadre europee (sei inglesi, tre spagnole e tre italiane) hanno comunicato, nella notte tra domenica e lunedì, col favore delle tenebre come comunissimi ladri, di aver fondato la Superlega, un torneo al quale parteciperanno quasi tutti i club più ricchi d’Europa, e quindi del mondo.

La notizia ha suscitato reazioni di sportivi, giornali e politici di tutta Europa. Seguirne la cronaca non è facile, perché le notizie si aggiornano di minuto in minuto. Nonostante questo, il quadro generale è chiarissimo.

Le 12 squadre che hanno costituito una società privata, sponsorizzata da J. P. Morgan, da una parte e tutto il resto, compresi moltissimi tifosi delle squadre in questione, dall’altra.

La posizione dei Paperoni è espressa dal Presidente del nuovo organismo e del Real Madrid, Florentino Peres, in una lunga intervista, che ha dato nel corso di una trasmissione notturna (sempre le tenebre) il 19 aprile, sul canale spagnolo Mega.

Tra le tante cose che dice, un richiamo a un passaggio fondamentale per comprendere: “Il nostro non è un progetto chiuso. È una piramide: noi generiamo entrate e le redistribuiamo più in basso. E poi se noi abbiamo più soldi, possiamo comprare i giocatori degli altri, così i club che vendono incasseranno”. Il calcio, cioè, esiste solo se esistono questi 12 “grandi” club (quanto siano grandi alcuni di questi è un’altra storia. Squadre molto più grandi e titolate si sono rifiutate di aderire, vedi il Bayern Monaco).

Le altre squadre esistono quindi solo per rivendere i migliori calciatori a loro. E che c’entra lo sport, e in particolare il calcio, con tutto questo? Assolutamente nulla. Nella loro concezione sportiva, il “miracolo” Leicester (per citarne uno tra tanti, avremmo potuto citare il Nottingham Forrest, per restare in Inghilterra, o l’Atalanta e il Verona di Bagnoli per l’Italia) non solo non è possibile, ma nemmeno astrattamente concepibile.

Parte dei pochi difensori “d’ufficio” che ha trovato il progetto si richiamano, oltre che all’Eurolega di Basket, che solo parzialmente gli assomiglia, al campionato NBA americano, nel quale non sono previste retrocessioni, ma giocano solo e sempre le stesse 30 squadre.

Tale paragone servirebbe, a loro dire, a inquadrare meglio la cosa, a metterla nella giusta luce, quella sfolgorante del bellissimo spettacolo che offre il basket made in Usa.

Su questo, brevi considerazioni. Prima fra tutte, l’NBA non ha sostituito un altro campionato. Esiste un solo campionato professionistico negli Usa, ed è appunto quello NBA.

Secondo, e molto più importante, nel campionato NBA esistono due meccanismi che consentono a tutte le squadre che vi partecipano di poter conquistare l’anello: la “salary cap” (tetto salariale), complesso sistema che permette di superare, almeno in linea teorica, gli squilibri tecnici ed economici esistenti tra club ricchi e meno ricchi; e poi il “draft NBA”, in base al quale le squadre classificatesi agli ultimi posti hanno diritto di scegliere per primi i cestisti da portare alla NBA.

Tale sistema è stato studiato appositamente per ridistribuire opportunità di vittoria a tutte le squadre che partecipano al campionato, come dimostra il palmares delle vittorie della NBA, molto più composito di tanti campionati di calcio europei, che soprattutto negli ultimi anni sono diventati a trazione univoca o binaria.

Nel sistema della Superlega non si trova traccia di tutto questo. Anzi. La frase di Peres è esattamente di segno opposto. Si vuole portare al parossismo l’attuale sistema, che vede pochi club super-ricchi fare incetta di titoli e coppe, e renderlo immodificabile.

Ciò eviterà, che, nel tempo, tali super squadre possano cadere nella polvere, come invece avviene normalmente nel calcio: anch’esse, nonostante l’attuale prosopopea, hanno vissuto decenni bui e dimenticatoio. Tale la ciclicità del calcio. Per tacere poi del fatto che tra queste supposte grandi squadre figurano team che hanno vinto poco o nulla, mentre ne sono escluse altre dal passato o dal presente più glorioso delle partecipanti.

La questione promette scintille, visto che la Fifa, l’Uefa e tutte le Leghe nazionali hanno annunciato sanzioni, anche gravissime (esclusione dalle coppe europee, dai campionati e dai mondiali, in quest’ultimo caso ovviamente riferito ai giocatori dei team “transfughi”).

Aspettiamo gli eventi, ma per i presidenti che hanno avuto la “pensata” inizia a tirare una brutta aria: l’avversità generale che ha suscitato la loro creatura mostruosa e le ritorsioni minacciate hanno iniziato a minare le loro certezze. Hanno fatto i conti senza l’oste: il loro delirio di onnipotenza li ha mal consigliati.

Un’ultima considerazione. Ma quanto vero può essere un torneo partecipato da squadre, azioniste in pari misura di una società privata? Non vincerebbero forse a rotazione, una diversa ogni anno?

Noi, tifosi di calcio (quello vero), aspettiamo.

 

P.s. Breve storia del merito sportivo. 

Solo un esempio, se ne possono citare altri, come le 6 Champions vinte dal Bayern Monaco. Da notare, tra quelle citate nel twitt, le due Coppe Campioni vinte dal Nottingham Forest (con la maglia “rosso Garibaldi”, che il team scelse in onore al nostro), che vanta la più alta percentuale di vittorie in tale competizione, avendo partecipato solo quelle due volte…

 

 

PaginaDue
8 Marzo 2023
Piccole Note è su Telegram