29 Maggio 2018

Lieberman, Shoigu e il Golan occupato

Lieberman, Shoigu e il Golan occupato
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Il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman domani si incontrerà con il suo omologo russo Sergej Shoigu a Mosca. Notizia non banale, dato che negli ultimi tempi i rapporti tra i due Paesi sono stati tesi.

Ciò per l’appoggio incondizionato di Mosca ad Assad e il suo tacito placet al dispiegamento delle milizie iraniane in Siria, nonostante Israele giudichi tale presenza una minaccia esistenziale.

Una tensione che il 10 maggio ha innescato uno scontro diretto: Israele ha bombardato asserite postazioni iraniane in Siria e ha subito un lancio di missili contro le alture del Golan, occupato dai suoi militari.

Uno scambio di colpi che sembra aver indotto Israele a più miti consigli nonostante che Tel Aviv abbia apportato danni senza subirne alcuni, almeno nella narrativa ufficiale. Evidentemente non è stato così e ne è rimasta allarmata.

Da allora, lo scontro tra Iran e Israele è continuato rovente, ma verbale. E il rischio di escalation perdura.

Rischio accresciuto dal venire meno dell’accordo sul nucleare iraniano, come scrive Sajed Jafari su al Monitor, e dal fatto che “per la prima volta, da anni, c’è un consenso unanime tra gli ufficiali israeliani per contrastare direttamente l’Iran”.

Una bomba a orologeria che la Russia vuole disinnescare.

“Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov”, scrive oggi Amos Harel  su Haaretz, “ha affermato che il confine meridionale del Paese [a ridosso di Israele] dovrebbe essere presidiato solo dai militari siriani”.

“Ciò è stato percepito come un indizio che la Russia sia incline ad accettare la richiesta di Israele di distanziare le forze iraniane e le milizie sciite ad essa alleate [hezbollah] dal confine tra Israele e Siria”.

In realtà, si legge sempre su Haaretz, solo ieri Netanyahu ha ribadito che le milizie iraniane devono abbandonare l’intero territorio siriano.  Evidentemente per il cronista israeliano si tratta di propaganda e/o di un rialzo previo a una trattativa.

L’offerta di Soghiu potrebbe risultare accettabile da Israele, soprattutto se legata all’accettazione  da parte di Damasco dell’occupazione del Golan, sul quale Israele avanza pretese di annessione (vedi richiesta agli Stati Uniti).

Un’aspirazione maturata negli ultimi mesi, del tutto pretenziosa e irrealistica.  Anche per gli Stati Uniti di Trump, più o meno proni ai desiderata neocon, tale passo risulta più che complesso.

Per Damasco poi la pretesa sarebbe del tutto irricevibile. Però il dato di un Paese devastato, stretto dall’embargo occidentale (1) e insicuro, la rende più praticabile.

In termini più accettabili, Damasco potrebbe semplicemente impegnarsi a non attaccare Israele, cosa peraltro più che suicida. A Tel Aviv basterà conservare una presenza militare sul Golan per far sì che tale impegno porti con sé l’accettazione dell’occupazione.

Specie se, contemporaneamente, alle milizie sciite sarà impedito di avvicinarsi alle alture, sviluppo che negli ultimi mesi è diventata l’ossessione dei militari israeliani.

In diritto penale tale pretesa si configurerebbe come un’estorsione, ma Assad potrebbe forse cedere, se tale dichiarazione di non belligeranza ponesse fine allo scontro tra Tel Aviv e Teheran che si sta consumando nel proprio Paese.

I militari israeliani potrebbero risultare rassicurati, dato che il controllo del Golan permette un presidio di sicurezza accettabile rispetto all’asserita minaccia iraniana.

Ma ad oggi si tratta di ipotesi. Vedremo.

(1) Ieri la Ue ha prorogato di un anno le sanzioni alla Siria. Alla popolazione stremata sarà così impedito il vendere e comprare, come anche di ricevere aiuti. Sulla compassione strumentale della Ue per il popolo siriano, abbiamo già scritto (cliccare qui).

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